Velletri, cinque anni fa Lavinia fu investita all’asilo: i genitori continuano a chiedere la verità

“Era una bambina sana, si è ritrovata a essere invalida al 100% senza alcuna possibilità di ripresa”

Polizia all'asilo nido "La Fattoria di Mamma Cocca", a Velletri

Polizia all'Asilo nido di Velletri "La Fattoria di Mamma Cocca"

“Per sempre qui dentro”, dice mamma Lara quando racconta la vita di sua figlia Lavinia Montebove che oggi ha 6 anni e vive in stato vegetativo. Dentro è una stanza rosa, piena di bambole e fotografie, di striscioni; dentro è l’enorme silenzio di una bambola bellissima che non parla più, interrotto solo dal mondo fuori che le scorre intorno senza turbarla, mentre trascorre la vita su un letto, con una flebo che la idrata, con una PEG e una tracheotomia.

“Tetraparesi spastica, diabete insipido, trombosi dei seni venosi, insufficienza respiratoria cronica, trauma cranico da schiacciamento” sono solo alcune delle definizioni, le più comprensibili, che compaiono nel certificato rilasciato dalla Asl che la esonera a vita dall’obbligo scolastico. I genitori lo hanno preso da pochi giorni: Lavinia a scuola non andrà mai.

L’ultima volta che lo ha fatto era al nido, alla Fattoria di Nonna Cocca a Velletri dove il 7 agosto di cinque anni fa, a 16 mesi, è stata investita da una BMW guidata da Sara Colonnelli.

Il processo

A processo per il tragico evento, oltre alla mamma investitrice, è finita la maestra, Francesca Rocca, prima imputata per abbandono di minore e ora per lesioni gravissime verso Lavinia e per aver abbandonato la classe, dove era peraltro il fratellino grande di Lavinia, per portare la piccola in ospedale. Proprio per questo cambio di imputazione la difesa ha chiesto l’istituto della messa a prova e l’11 settembre la giudice deciderà.

Se questa richiesta sarà accolta la maestra imputata prestando la sua opera di volontariato sociale chiuderà i conti con la giustizia e non ci sarà reato, né sentenza. Come si fa ad accettare che “tua figlia che era nata sana e libera” sia la bambina descritta in quel certificato medico? Si domandano i genitori, Lara e Massimo, che ora possono solo accudire, tenersi uniti, crescere i loro figli e lottare, lottare sempre in Tribunale dove continuano a chiedere verità.

E proprio per questa ricerca della verità il papà di Lavinia, Massimo Montebove, intervistato dalla Dire, rinnova il suo appello alla Procura di Velletri perché “si proceda spediti nel procedimento verso un’amica della maestra che siamo stati costretti a denunciare per falsa testimonianza – racconta – La denuncia è stata fatta a dicembre e non abbiamo notizie dopo 8 mesi, voglio sperare che si possa avere un processo.

Quando c’è ricerca della giustizia è giusto che accusa e difesa si confrontino anche aspramente in aula, ma non è giusto – continua – che le persone vengano a dire cose false in aula. Abbiamo dovuto subire pugnalate ogni volta. Il mio appello alla procura è che si acceleri”.

La maestra sulla sua testa ha due accuse – spiega ancora il papà di Lavinia – prima erano due di abbandono di minore che ora si sono ridotte ad una, quella di aver lasciato gli altri bambini con un comportamento che ha messo a rischio loro e la stessa Lavinia che non andava raccolta da terra e portata in ospedale in macchina come ha fatto, e come confermato dai medici.

Resta l’accusa che non abbia custodito Lavinia in modo opportuno, ma non è più abbandono di minore come in origine, si tratta di un’accusa grave ma colposa. La difesa ha chiesto la messa alla prova anticipata con cui si può evitare la sentenza e fare cose di utilità sociale. La messa alla prova presuppone la piena assunzione di responsabilità che non c’è stata mai nei fatti– ribadisce- e prevede la responsabilità anche nel ristoro economico e voglio ricordare che siamo fermi a 1 euro di risarcimento.

Speriamo che il giudice valuti bene. Questa cosa metterebbe fine al processo”.

Il papà e la mamma

Massimo è un poliziotto e nella giustizia e nelle Istituzioni ci crede, anche quando è più difficile e doloroso, anche oggi che la vittima è sua figlia: “Se non ci credessi tradirei me stesso. Noi vogliamo un processo e una sentenza, questo abbiamo sempre chiesto perché il rischio prescrizione ancora incombe. Rispetto i giudici, ma siamo in un paese democratico e penso di avere il diritto di critica”.

“E’ un dolore che ha cambiato tutto, lo vive Lavinia, noi, il fratello e la sorella. Non ci vogliamo sostituire ai giudici- dice mamma Lara- ma crediamo di essere ancora molto lontani dalla verità che stiamo cercando. E’ stata una tragedia immane che le ha sconvolto l’esistenza, e con questa richiesta se accolta tutto andrà in un nulla di fatto. Era una bambina sana, si è ritrovata ad essere invalida al 100% senza alcuna possibilità di ripresa.

Lavinia vive qui, in questa stanza, o dove riusciamo a portarla con il nostro amore e il passeggino posturale. Questa è la nostra realtà e quello che viviamo nelle aule di Tribunale ci sembra tanto distante”, conclude mentre mostra quel certificato della Asl che non dice nulla di nuovo, ma scrive nero su bianco che sua figlia “non è più la bambina che era e non andrà mai a scuola”. Questo certificato “lo sentenzia”, dice Lara. Questo certificato, in questa crudele ricorrenza d’agosto, è una sentenza.

(Sim/ Dire)