Bambino ucraino chiamato “Terrorista” dalla maestra: shock alle elementari

Roma Parioli, IC Boccioni: bambino di 9 anni spiega ai compagni cosa fare in caso di attacco nucleare e la maestra lo chiama terrorista

IC Boccioni entrata della scuola dall'interno, Via Boccioni IC Boccioni

Bambino di origini ucraine chiamato “Terrorista” dalla maestra: shock alle elementari a Roma. Succedeva venerdì 18 marzo, in pieno centro, in una scuola elementare del quartiere Parioli, all’Istituto IC Boccioni.

C. Nome di fantasia, 9 anni, genitori ucraini, racconta ai suoi amichetti come prepararsi ad un’eventuale bomba atomica. Ma sappiamo come sono i bambini: qualcuno ride, qualcuno lo prende in giro e qualcuno si spaventa. In un attimo le parole del bambino arrivano a un’insegnante, la quale invece di comprendere la delicatezza della situazione dà del “terrorista” al bambino e chiama urgentemente la madre per venire a riprenderlo dalla preside. E’ la mamma di C., arrabbiata, sconvolta e indignata che ci racconta questo grave episodio.

Bambino chiamato “terrorista” dalla maestra

La mamma, ucraina, è qui in Italia con due bambini mentre il padre dei due figli è sotto le bombe a Kiev: aveva spiegato al figlio come comportarsi in caso di attacco nucleare. Del resto ai nostri figli spieghiamo anche come comportarsi in caso di incendio e naturalmente di terremoto. Regole semplici come non stare vicino alle finestre, non guardare la luce negli occhi, restare al chiuso. L’insegnante che avrebbe dovuto mostrare sensibilità, ancor più conoscendo la situazione familiare del suo piccolo alunno, ha invece deciso di punirlo e mortificare la madre.

“Per me è normale spiegare, certo senza allarmismi, ciò che può succedere in caso di un attacco nucleare. Speriamo che non avvenga, ovviamente”, ci dice la mamma dell’alunno di quarta elementare. “Ma credo che i bambini vadano resi coscienti e responsabili. Loro fanno domande sul Covid e le mascherine e ne stanno facendo sulla guerra.

Per mio figlio, che ha il papà a Kiev, è stato terribile sentirsi chiamare terrorista. Il suo scopo era quello di aiutare i suoi compagni di classe nel caso succeda qualcosa di brutto, che speriamo non accada. Non avrei mai immaginato una simile reazione da parte degli insegnanti e della preside”.