Campagna elettorale low cost

Diversi candidati che dicono come e quanto hanno speso per la loro campagna elettorale in tempo di crisi

La crisi economica che affligge il nostro paese ha determinato sensibili e rilevanti trasformazioni della campagna elettorale: meno spese e più sobrietà per tutti. Televisione e web rappresentano i luoghi privilegiati per farsi conoscere e per presentare i propri programmi: non più ricche cene elettorali, ma cinguettii su Twitter, post su Facebook, ricerca del consenso porta a porta e piccoli comizi infiorati con colazioni e modestissimi buffet, con la consapevolezza che di questi tempi i cittadini non gradirebbero sfarzi e ostentazione di spese folli. 
Si assiste ad una strana campagna elettorale che vede concordi un po’ tutti i candidati dei vari partiti sul fatto del contenimento delle spese.

Ad esempio, da Enrico Forte del PD parte l’elogio ai volontari perché grazie a loro le spese si sono ridotte al minimo e “ … mi seguono in tutta la provincia ad allestire gazebo e banchetti. Niente spese folli, le cene faraoniche poi non sono nel mio stile». Sullo stesso registro si muove Lillia D’Ottavi del Pdl: il consenso lo cerca di casa in casa, partecipando alle iniziative organizzate dal partito, qualche manifesto ma tutto con moderazione. Giorgio De Marchis, Pd, ci tiene a precisare: «Giro la provincia dalla mattina alla sera, stazioni, piazze, mercati, le cene – poche – solo con i militanti ed autofinanziate. Ho investito in pubblicità elettorale». Generalmente le spese oscillano dai 15 ai 20.000 euro.
 Aldo Forte, candidato alla Camera nelle liste UDC, alla fine di ogni incontro srotola grandi pannelli e spiega come si vota, quindi richiude e porta via per l’appuntamento successivo.
 Claudio Moscardelli, Pd, candidato al Senato, spiega: «Per me questa campagna è completamente diversa, essendoci liste bloccate e non la preferenza, le spese elettorali sono ridotte al minimo. 
Per Nicoletta Zuliani, candidarsi è stato coraggioso: «Il partito non dà un centesimo e il territorio da raggiungere è molto vasto. Chi come me ha lo stipendio statale, famiglia numerosa (tre figli) e mutuo per affrontare una campagna come questa deve avere coraggio. Per farmi conoscere ho dovuto per forza far stampare i manifesti. Spenderò in tutto circa 15.000 euro». 
Anche per Angelo Tripodi il volontariato costituisce una grande risorsa: ogni attività concreta è frutto della disponibilità dei sostenitori – dai materiali di propaganda ai momenti di incontro – utilizzo dei locali, piccoli buffet o cene semplici «mai nulla di sfarzoso». Budget: dai tre ai quattromila euro. 
La via della sobrietà anche per Giuseppe Di Rubbo, candidato alla Camera del Pdl: «Abbiamo volutamente evitato incontri costosi, visto il momento di crisi». Anche Marilena Sovrani ha seguito il criterio della campagna parsimoniosa: «Non organizzo cene o pranzi, risparmio sui manifesti facendo veramente l’essenziale, credo che arriverò a spendere non più di 7-8 mila euro. La cosa più importante è che non ho sponsor e non li voglio avere, questo mi fa sentire libera».
 Filomena Sisca, del Movimento cittadini lavoratori, non ha voluto né manifesti, né vele, né cene elettorali: «Ci siamo calati tra la gente, ci siamo fatti conoscere perché più che i programmi gli elettori chiedono onestà e serietà».

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