Diagnosi precoce delle malattie croniche degenerative e i rischi di curare pazienti sani

I sistemi sanitari a prestazione prediligono il numero e la quantità delle prestazioni e quindi la remunerazione sia privata che pubblica, piuttosto che i risultati

Medico

Foto di Karolina Grabowska: https://www.pexels.com/it-it/foto/salutare-uomo-penna-orologio-da-polso-4021769/

Prendo spunto da un recente articolo pubblicato su The Journal of American Medical Association del 6 Aprile 2024 sul tema delle sovradiagnosi di carcinoma della prostata scoperto mediante PSA per affrontare il tema della prevenzione secondaria o diagnosi precoce nelle patologie croniche e degenerative come le neoplasie maligne, la cardiopatia ischemica e gli ictus cerebrovascolari.

Tutte insieme queste malattie producono la quasi totalità dei decessi nelle società occidentali

La prevenzione secondaria o diagnosi precoce è stata impiegata con successo in alcune di esse dove il rapporto rischio beneficio è ampiamente dimostrato (esempio il carcinoma del collo dell’ utero e l’ impatto della diagnosi precoce mediante Pap Test, da Papanicolau, il medico geniale che ad inizio del secolo scorso lo propose e giustamente fu premiato con il Premio Nobel per la Medicina).

In altre situazioni il vantaggio clinico in termini di risultati è discusso e dibattuto, come per esempio nel carcinoma della prostata che è una delle principali cause di morte maschile e che si beneficerebbe dell’ impiego del dosaggio plasmatico del PSA o prostate specific antigen.

Il problema è il discrimine tra la cura del cittadino sano a tutti gli effetti, ma che presenta delle anomalie in alcuni dati esami ematochimici o radiologici (prostata, mammella, colon retto, ecc). Fino a che punto è vera la diagnosi precoce e quando invece si va oltre e si va ad intervenire su patologie che alla fine patologie non sarebbero soprattutto se si conoscesse bene la storia naturale di queste malattie, cioè il decorso clinico delle stesse se non trattate dal medico?

Il tema è particolarmente importante nella società della informazione dove la sanità (specie nel mondo di derivazione anglosassone) è basata essenzialmente sulle prestazioni effettuate e non invece sul risultato in termini di salute, cioè il benessere psicofisico globale come lo definisce OMS.

E’ un mondo sostanzialmente privatistico dove a dettare legge non sono i cittadini ma i grandi sistemi finanziari che permeano tutta, ma dico tutta, la società e non sempre ciò avviene a vantaggio del Cittadino a cui si chiedono le tasse da pagare.

Sistemi sanitari a prestazione

In altri termini, i sistemi sanitari a DRG (cioè a prestazione e non a durata della degenza) prediligono le prestazioni sanitarie, il numero e la quantità delle stesse e quindi la remunerazione sia privata che pubblica, piuttosto che i risultati in termini di salute globale (benessere psicofisico individuale).

Così si è passati da operare praticamente tutti i maschi che avevano un livello elevato di PSA e un reperto di microcarcinoma della prostata alla biopsia transperineale ad oggi dove si selezionano maggiormente i soggetti da sottoporre ad interventi chirurgici fortemente demolitivi e potenzialmente invalidanti. Proprio ora che sono apparsi e si sono diffusi quasi ubiquitariamente i costosi robot chirurgici laparoscopici e questo ha rappresentato un problema non da poco.

La storia della medicina è piena di queste situazioni limite. Ma oggi il pericolo è rappresentato dalla invasività dei media, dalla pervasività delle società proprietarie fornitrici e distributrici di presidi molte volte costosi. Questo può spingere gli stessi medici a non essere equilibrati e a puntare molto sulla crescita delle diagnosi (a volte sovradiagnosi) per incrementare le loro prestazioni sanitarie trattate e curate, ma in cittadini totalmente asintomatici.

Cioè la domanda è: stiamo trasformando il cittadino sano in un paziente comunque da curare? E’ etico questo meccanismo? Secondo me no. Però i dati sono impressionanti: il Center for Disease Control in USA ha stabilito che le diagnosi mediche oggi sono quasi nel 70% basate sui risultati dei test di laboratorio.

La professione medica è soprattutto clinica e umanistica

Si sta scientificando una professione quella medica che è invece fortemente clinica e umanistica. In Usa ci sono oltre 13 mld di esami ematochimici richiesti ed eseguiti ogni anno sui cittadini (la prevenzione secondaria in USA è privata) e il trend è in continuo aumento annuale: producono risultati in termini di salute? A cosa servono e soprattutto a chi servono?

Per fare un altro esempio, nella Regione Lazio ogni anno si eseguono quasi 100 mln di esami ematochimici su base annua nelle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate con il SSN: quali sono le reali ricadute in termini di salute di questa pioggia di esami ematochimici? E soprattutto, perché lo Stato a livello nazionale e regionale ha imboccato la strada del dimezzamento o quasi del tariffario del rimborso regionale a queste tipologie di esami diagnostici?

Vogliono invogliare a farne di più e se sì perché e a vantaggio di chi? Siamo sicuri che questi meccanismi siano etici, rispettino il Cittadino e il suo stato di benessere psicofisico? Ovviamente la stessa cosa si deve dire anche per gli esami radiologici che si ritiene spesso a torto che siano innocui e non invasivi e invece sono basati su radiazioni ionizzanti, seppure a basse dosi, ma pur sempre potenzialmente oncogene e teratogene nella donna in gravidanza.

In conclusione, la prevenzione secondaria cioè la diagnosi precoce delle malattie croniche degenerative cardiovascolari e neoplastiche è oggi un tema scottante e a mio giudizio va ricondotta a situazioni ben delimitate e sotto stretta supervisione dello Stato, del Medico Curante e dello specialista preparato bene. E con periodica rivalutazione dei risultati clinici ottenuti. Ma non credo di essere una voce maggioritaria nel sistema.

Chi vivrà vedrà. Comunque.

francesco.russo@uniroma2.it