Pubblicato il

Dopo la fiducia la grande sfida che attende il Governo Conte (Ugolino)

di Mirko Ciminiello
Dopo la fiducia del Senato il Premier ha di fronte l’arduo compito di conquistare la fiducia degli Italiani
Vuoi la tua pubblicità qui?

Alla fine, più che l’onor, poté il digiuno (di potere). Grattando il Carlo Martello di Fabrizio De André (che a sua volta parafrasava il dantesco Conte Ugolino), emerge chiaramente la motivazione del sostegno cieco, pronto e assoluto al Governo grillo-comunista artatamente assemblato dal bi-Premier Giuseppe Conte: motivazione che, a dispetto dei proclami, non c’entra nulla (se non, forse, nel caso di qualche perla rarissima) con la salvezza del Paese, mentre, assai più banalmente, ha molto a che vedere con la salvezza delle poltrone dei diretti interessati.

Il che, intendiamoci, è assolutamente legittimo – solo non facile da ammettere. Eppure, da questo punto di vista l’esecutivo rosso-giallo ha un paradossale vantaggio: il fatto di nascere già inviso alla maggioranza degli elettori. Per dire, secondo una recente rilevazione di Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera, il Conte bis è apprezzato solo dal 36% degli Italiani (solo il Governo Gentiloni aveva un gradimento più basso). Difficile, quindi, che la verità possa far perdere una faccia che il popolo già considerava di bronzo.

In effetti, la grande sfida che dovrà affrontare il BisConte è proprio quella di conquistare, dopo la (quasi scontata) fiducia del Parlamento, quella dei cittadini. I quali sembrano avere le idee piuttosto chiare rispetto a quelle che dovrebbero essere le priorità del nuovo esecutivo – né paiono intenzionati a piegarsi alle ideologie dei due azionisti di maggioranza.

I provvedimenti più attesi (sempre da sondaggio di Pagnoncelli) riguardano tutti l’economia, a cominciare dalla Manovra con cui si auspicano una serie di interventi a favore dei ceti più deboli e dei lavoratori – in primis, la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva. Ma forse è altrettanto interessante sottolineare che le misure di cui si sente meno l’esigenza sono un cambio di rotta sulle politiche sull’immigrazione e una legge sul conflitto d’interessi. Due cavalli di battaglia, ma forse sarebbe il caso di dire due ossessioni, la prima del Partito Democratico e la seconda del Movimento Cinque Stelle – o meglio del suo house organ ufficioso.

Va comunque precisato che gli intervistati non nutrono grandi speranze sulle principali disposizioni che verranno adottate dall’ircocervo M5S-Pd: a conferma che l’avvocato del popolo avrà il suo bel daffare a rappresentare il popolo stesso.

Vuoi la tua pubblicità qui?

L’inizio, del resto, non è stato dei più semplici. Per esempio, l’endorsement di Moody’s in favore di un «Governo di coalizione di centrosinistra» non fa che rafforzare l’idea di un esecutivo imposto dai poteri forti – e messo sotto tutela dall’Europa – contro la volontà e gli interessi degli Italiani.

Né depone a favore della credibilità del bi-Presidente del Consiglio l’impegno a promuovere il «pluralismo dell’informazione» nello stesso giorno in cui Facebook e Instagram hanno oscurato gli account di CasaPound e Forza Nuova. Una censura che, senza voler entrare nello specifico, dovrebbe preoccupare tutti – anche gli intolleranti campioni della tolleranza come il segretario dem Nicola Zingaretti – semplicemente perché nessuno ha nominato Mark Zuckerberg alla guida di un Minculpop virtuale che decide chi ha diritto di parola e chi no.

A tutto ciò si aggiunga il fatto che la Lega ha dichiarato di voler mettere il più possibile i bastoni fra le ruote del proprio ex Capo del Governo: il che non include solo quelle che in definitiva sono delle provocazioni – dialettiche, come la sobria accoglienza del Senato a Conte al grido di «traditore»; o pratiche, come il paventato, massiccio ricorso alla piazza, cui l’ex vicepremier Matteo Salvini ha consigliato di fare l’abitudine. Il Carroccio, infatti, vanta ancora undici presidenti di commissione che, come annunciato da Massimiliano Romeo, capogruppo leghista a Palazzo Madama, non ci pensano neanche a dimettersi: «Li faremo impazzire fino alla fine» ha tuonato, riferendosi agli azionisti di maggioranza.

E la fine potrebbe anche non essere troppo distante, come profetizzano (e auspicano) in tanti, convinti che un esecutivo che abbia come unico collante le poltrone non possa durare a lungo. Si vedrà. Dopotutto, il “tengo famiglia” è un mastice potente, oltre a essere forse la ragione più longeva della storia. E fa tornare in mente un vecchio aforisma di Ronald Reagan, più che mai attuale, secondo cui la politica è il secondo mestiere più antico del mondo: ma certe volte assomiglia molto al primo.

Foto dal sito del Governo.

La Regione Lazio parte con la mappatura delle scuole a rischio amianto

Tragedia nella stazione di Ciampino: un uomo è stato travolto da un treno

 
Vuoi la tua pubblicità qui?

Condividi questa notizia per primo

Scorri lateralmente questa lista

Seguici per rimanere aggiornato

Sostieni il nostro giornalismo

Vuoi la tua pubblicità qui?