E’ morto Gianfranco Urbani “Er Pantera”

Boss della banda della Magliana, la sua vita ispirò “Er Puma”

Se n'è andato all'età di 76 anni, solo e dimenticato in un ospedale vicino Latina, Gianfranco Urbani detto "er Pantera", malavitoso di primo piano nella criminalità romana ed esponente di spicco della banda della Magliana. Come tutti quelli che all'epoca costituirono la famigerata banda, anche Urbani proveniva da un gruppo, dalla "batteria" di Nicolino Selis, che alla fine degli ani '70 spadroneggiava a Ostia. Fu proprio in quel periodo che Selis si allea con le batterie dei "testaccini" di Franco Giuseppucci e Renato De Pedis e quella della Magliana di Maurizio Abbatino e Antonio Mancini e altri boss che avevano sempre lavorato in piccoli gruppi autonomi tra loro, dando vita al primo esempio nella storia della criminalità capitolina di organizzazione imponente. E tra i suoi gregari scelse per primo Gianfranco Urbani. In "Romanzo Criminale", la fiction di grande successo che ha raccontato la storia della banda della magliana“, la figura di Urbani ha ispirato proprio l'autore Giancarlo De Cataldo che ha usato la sua storia per costruire la figura del "Puma".

La banda  nacque non solo perché i suoi fondatori percepirono la possibilità di unificare in senso operativo la frastagliata realtà della criminalità romana, ma anche a sentire l’esigenza di diversificare sia le proprie attività delinquenziali che andavano dai sequestri di persona, al controllo del gioco d'azzardo e delle scommesse ippiche, alle rapine e al traffico di sostanze stupefacenti e sia di estendere la propria rete di contatti alle principali organizzazioni criminali italiane, da Cosa Nostra alla Camorra, nonché ad esponenti della massoneria, oltre che a numerose collaborazioni con elementi della destra eversiva, della finanza e coinvolta in presunti rapporti tra servizi segreti italiani e criminalità. Una vera holding criminale che per anni impose la sua legge, una storia fatta anche di molte zone grigie non ancora ricostruite sul ruolo di alcuni dei più noti misteri italiani: dal delitto di Mino Pecorelli, al legame con il sequestro Moro, ai depistaggi della strage di Bologna, dai legami con l'organizzazione "Gladio", all'omicidio del banchiere Roberto Calvi fino al rapimento di Emanuela Orlandi e l'attentato a Giovanni Paolo II.

Per i suoi contatti con grossi spacciatori thailandesi, Urbani si occupò principalmente del traffico di eroina nelle zone del Prenestino e di Villa Gordiani, a est della capitale.
All'interno della banda fu anche il punto di contatto e tramite con esponenti di primo piano della ‘ndrangheta come Paolo Di Stefano, Giuseppe Piromalli e Pasquale Condello e i suoi ottimi rapporti con la mafia catanese del boss Nitto Santapaola ne favorirono la collaborazione con il resto del gruppo romano. Tali rapporti e traffici portarono, negli anni ’80 il giudice Giovanni Falcone a spiccare nei suoi confronti un mandato di cattura. Dopo la disintegrazione della banda, "er Pantera" si arrangiò a vivere nell'illegalità concentrandosi quasi sempre sul traffico di droga. Nell 1998, dopo 7 anni di latitanza, venne arrestato all’aeroporto di Fiumicino con l'accusa di traffico internazionale di stupefacenti sulla tratta balcanica.

Dopo l'ultimo periodo di detenzione, non più giovanissimo, Urbani si ritira a Borgo Sabotino, allontandosi apparentemente dal giro della grossa malavita. Ma, nel maggio del 2013 viene nuovamente arrestato assieme ad altre 6 persone dagli agenti del commissariato di Tivoli in collaborazione con la Squadra Mobile di Roma dopo un'indagine durata cinque mesi, come complice nel furto di 6,8 milioni di euro a un istituto di vigilanza di Guidonia nella notte tra il 22 ed il 23 dicembre del 2012. Scegliendo il rito abbreviato, il 30 gennaio del 2014 il Tribunale di Tivoli lo condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione. 

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