Governo Draghi, non uno, ma tre Governi insieme: ecco quali

Mario Draghi e la teoria dei Tre Governi. Di fatto si tratta di tre Governi in uno, un po’ come una matrioska

Il Governo di Mario Draghi e la teoria dei Tre Governi. Di fatto si tratta di tre Governi in uno, un po’ come una matrioska russa.

Governo Draghi: la struttura a matrioska

C’è un governo dei fedelissimi, gli strettissimi di Draghi a cui vengono affidati i ministeri che contano, che dispongono delle risorse e fondi europei per rilanciare il paese. Questo è il vero Governo Draghi, l’anima diciamo così. È costituito dallo stesso Mario Draghi, Vittorio Colao, Roberto Cingolani.

Poi c’è il Governo dei Partiti, quello fatto con il manuale Cencelli. E’ stato calcolato con il misurino, ma in modo intelligente, perché Mario Draghi sa benissimo che gli occorre il consenso politico per far marciare speditamente i provvedimenti in Parlamento. Un governo poli-tecnico.

Poi c’è un terzo strato, che serve a portare Mario Draghi al Quirinale. A comporre questa squadra ci sono Giancarlo Giorgetti (premiato con un ministero molto pesante), Luigi Di Maio (preferito all’ultimo momento e lui stesso non era certo di poter tenere gli Esteri), Dario Franceschini e Gianni Letta. Questi quattro personaggi riescono ad orientare e smuovere i voti dei rispettivi partiti. Letta è l’uomo che sussurra a Silvio Berlusconi, Giorgetti a Matteo Salvini, Franceschini è il grande manovratore delle truppe parlamentari del Pd, Di Maio attiva lo stesso meccanismo per quanto riguarda i grillini. Di Maio è bravissimo a farsi ascoltare dai 5 Stelle. Faccio notare che i tre prescelti sono tutti di rito Lettiano anche se nel governo lui non figura personalmente. Non a caso questi quattro fanno parte di partiti con più numeri parlamentari.

Letta avrà 3 ministri, Giorgetti ha ottenuto un ministero importante, Di Maio ha mantenuto gli Esteri anche quando era stato fatto fuori e Franceschini tiene la Cultura anche se pure lì c’erano state parecchie turbolenze che lo avrebbero tenuto fuori dalla compagine governativa. Draghi ha deciso di premiare questi politici. Ed è un segnale molto importante. Ovviamente c’è un ordine gerarchico tra queste forze, dove in cima alla piramide ci sono i tecnici di Draghi.

La sfida: mantenere l’amalgama livellando le increspature

L’interrogativo è quindi quello della capacità di tenere le fila di questi tre governi. Draghi in persona e i suoi fedelissimi, riusciranno a tenere coesa questa amalgama? Draghi dovrà essere un buon allenatore, un buon coach, per restare nella metafora sportiva. Infatti il rischio che correrà alla lunga è che emergano le varie anime dei partiti e così le increspature dei disaccordi.

In ogni caso rappresenta la costruzione di un governo perfetto nell’accontentare gli appetiti dei partiti, perfetto sul piano tecnico, e perfetto per tentare la scalata al Quirinale. Aggiungerei che i ministri senza portafoglio come Brunetta e Carfagna potranno incidere nella partita del Recovery per via della loro immagine, non li sottovaluterei. Da notare poi, in questo quadro, che la conferma di Roberto Speranza, rafforza anche Domenico Arcuri.

All’Opposizione resta Giorgia Meloni, la quale sembrava propendere per l’astensione ma che dopo aver visto la lista dei ministri propenderà per il voto contrario. Sarà interessante la questione dei sindacati: se vincerà la concertazione oppure la conflittualità. Credo che nel breve periodo nessuno avrà interesse a mettersi contro Mario Draghi, tuttavia nel lungo periodo le acque si agiteranno. Ed è qui che Draghi dovrà saper navigare.

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