Il tempo è nelle mani del Signore della storia: vigilare nell’attesa

Vigilare significa avere gli occhi aperti, il cuore desto e le mani operose. Ma ci vuole anche un cuore desto, tenuto sveglio dalla fede e dalla speranza

Il Capocordata in montagna

Il Capocordata

Uno sguardo apocalittico (rivelatore)

L’attesa della manifestazione del Signore Gesù con il suo ritorno “ultimo” fa parte del “discorso escatologico” presente in tutti i vangeli “Sinottici” (Matteo, Marco e Luca). Si tratta di riflessioni caratterizzate da uno stile, da una terminologia e da una simbologia riferibili al genere letterario della lettura apocalittica. Queste riflessioni riferiscono gli espliciti insegnamenti di Gesù in merito alla sua “ultima venuta” alla fine della storia.

Il brano del vangelo di Marco (13, 33-37) costituisce l’ultima parte del più lungo discorso posto sulla bocca di Gesù; esso inizia con l’imperativo “badate” e si prolunga fino a fine capitolo con l’imperativo finale “vigilate”. I due verbi costituiscono un’inclusione grammaticale che esprime anche la chiave di lettura per la comprensione del lungo e articolato insegnamento di Gesù: si tratta di tenere gli occhi aperti sulla realtà; il ricorrente invito a vegliare rimarca sostanzialmente la necessità di coltivare uno sguardo di fede sugli avvenimenti, illuminato da Gesù Cristo.

Anche il tempio di Gerusalemme verrà meno

Per comprendere con maggiore profondità il testo è necessario tenere in considerazione che il discorso di Gesù sul compimento del tempo prende avvio da un dialogo con un discepolo che lo invitava ad ammirare lo splendore imponente del tempio di Gerusalemme. Gesù, da parte sua, pur constatando la grandiosità dell’opera, ne preannuncia sorprendentemente la prossima distruzione.

La distruzione del santuario, similmente a quanto era accaduto con la distruzione del primo tempio a opera dei Babilonesi nel VI secolo a.C., ha rappresentato nella storia ebraica un’enorme sciagura. Così, anche all’annuncio profetico di Gesù, seduto di fronte al tempio sul monte degli Ulivi (13, 3), i primi quattro discepoli chiamati lo interrogano su : “quando avverrà questo?” e “quale sarà il segno di quando tutto questo starà per compiersi?” (13, 4). Di fatto il riferimento alle rovine del tempio è il segno inequivocabile di un cambiamento epocale dai riflessi universalistici che offre lo spunto per una riflessione ben più ampia sul senso delle vicende umane.

Il tempo è nelle mani del Signore della storia

Il lungo insegnamento che scaturisce da queste domande è proprio ritmato dagli avverbi o dalle congiunzioni di senso temporale “quando”, delineando così i passaggi fondamentali di tutto il discorso. Si tratta decisamente di una riflessione sulle vicissitudini del tempo umano, finalizzato fin da subito a mettere in guardia (“guardate, badate”) da parole ingannatrici, volte sostanzialmente a sfruttare il senso di crisi, suscitando ansie ed eliminando la speranza nella salvezza divina.

Il discorso di Gesù, infatti, fa riferimento a “rumori di guerre” di fronte alle quali i discepoli non devono allarmarsi, in quanto queste non costituiscono “il fine”, inteso come compimento della storia.

Tantomeno lo sono le catastrofi naturali: terremoti e carestie sono piuttosto da intendere come segni dei dolori di gestazione che preludono a un mondo nuovo (13, 8). Nello stesso tempo sono toccati temi delicati per la comunità come la dolorosa realtà della persecuzione religiosa. Anche queste prove per la chiesa non annunciano la fine del mondo, anzi saranno per i credenti l’occasione di offrire testimonianza della loro fede in Cristo al mondo giudaico e al mondo pagano (13, 9). Di fronte ai loro accusatori, lo Spirito Santo si rivelerà un valido difensore nel suggerire quello che dovranno dire (13, 11). Così, anche le dolorose divisioni nel contesto familiare, a motivo dell’adesione alla fede cristiana (13, 12), saranno occasione per perseverare fino alla fine e sperimentare la salvezza.

Vigilare nel servizio

La vigilanza è l’atteggiamento di chi sa perseverare nella condizione sospesa della storia; è l’atteggiamento di chi vive con sguardo di fede gli avvenimenti dell’esistenza. Se da una parte sembra regnare l’incertezza che spaventa il cuore degli uomini, dall’altra per il credente si apre la possibilità di meravigliarsi della responsabilità che gli è affidata da Dio in questo tempo del “già” e del “non ancora”. La brevissima parabola (v. 34) del padrone di casa che lascia la sua proprietà ai suoi servi, definisce le dimensioni dell’attesa del credente nel mondo. A ciascuno è affidato un potere, il potere di Gesù di dominare le forze del male nella modalità del servizio.

La stessa autorità di Gesù, nella forma del servizio, è comunicata a ogni discepolo per questo tempo di attesa. Essa è la chiave interpretativa della missione di Gesù nella storia e la chiave di volta per comprendere come stare nelle travagliate vicende dell’esistenza. Essere pronti, vigilanti nell’attesa, mantenere gli occhi aperti e attenti consiste precisamente nell’esercitare questa autorità di servizio nel dono di sé, sull’esempio di Gesù.

L’esercizio vigilante dell’autorità di Cristo nel tempo necessita di essere perseverante e diffuso nella comunità dei fedeli: “lo dico a tutti: vegliate!” (v. 37). Gesù cita le quattro fasi della notte rimarcando che non è dato a sapersi se il padrone ritornerà “alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino” (v. 35); egli descrive così la caratteristica faticosa del tempo che viviamo, come un periodo notturno, senza luce, che mette a dura prova lo sforzo di non chiudere gli occhi e addormentarsi. Tuttavia, la direzione del tempo notturno è segnata ormai definitivamente verso la luce del giorno, verso il momento del ritorno di Cristo, tanto atteso e invocato dai credenti, perché certo.

Vegliare significa avere gli occhi aperti, il cuore desto e le mani operose. Occhi aperti sulla realtà che ci circonda; occhi aperti, non appesantiti dal sonno, non avvolti dal torpore, per discernere il senso degli eventi. Ma ci vuole anche un cuore desto, tenuto sveglio dalla fede e dalla speranza: fede nell’unico Signore della storia. Le mani operose, capaci di compiere il bene, perché guidate dalla bontà, dalla tenerezza e dalla compassione.                                                               

Il Capocordata.

 Bibliografia consultata: Agnoli, 2023, Laurita, 2023.