Istat, esplodono disuguaglianze sociali. Sale indice deprivazione

Cambiano operai e piccola borghesia. Maggior perdita senso di appartenenza. Presidente: “ripresa, ma non per tutti”

La disuguaglianza sociale “non è più solo distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi e la crescente complessità del mondo del lavoro ha fatto aumenta le diversità non solo tra professioni ma anche tra gli stessi ruoli professionali”. E’ l’analisi fatta nel rapporto Istat, che disegna la mappa socio-economica d’Italia. Paese sempre più vecchio: gli over 65 hanno raggiunto il 22% (livello più alto in UE). Sono 3 milioni 590 mila le famiglie senza redditi da lavoro (13,9 % del totale); 7 under 35 su 10 in famiglia. Risale l’indicatore di “grave deprivazione materiale”, che nel 2016 è l’11,9 %. Critica la condizione dei genitori soli.

“La perdita del senso di appartenenza a una certa classe sociale è più forte per la piccola borghesia e la classe operaia”. Lo evidenzia il rapporto annuale dell’Istat fotografando un aumento delle disuguaglianze che penalizza soprattutto stranieri e coppie con figli, tutti a basso reddito. Oggi la classe operaia, osserva l’Istat, “ha abbandonato il ruolo di spinta all’equità sociale” e la classe media “non è più alta del cambiamento”. Mentre sopravvive la classe media impiegatizia. I gruppi sociali più numerosi sono le famiglie di impiegati (4.582) e quelle di operai in pensione (5.858). E nuovo minimo delle nascite.

“La ripresa, a causa dell’intensità insufficiente della crescita economica, stenta ad avere gli stessi effetti positivi diffusi all’intera popolazione”. Cosi il presidente dell’Istat, Alleva, presentando il rapporto al Parlamento. Alleva sottolinea la difficoltà del processo di crescita ad affermarsi pienamente”. Poi evidenzia: quasi il 40 % delle famiglie ha come riferimento un inattivo o un disoccupato, oppure una persona che lavora ma con bassa retribuzione. E invita a investire su formazione e innovazione.

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