L’evangelista Luca

di Il capocordata

Dal momento che in questo anno 2013 saremo in compagnia dell’evangelista Luca, vorrei fare una minima presentazione di quest’uomo e cristiano tutto dedicato alla causa di Cristo e della sua Chiesa. Luca, originario di Antiochia di Siria, era medico di professione. Fu discepolo degli apostoli e particolarmente di Paolo che accompagnò fino al momento del suo martirio. Egli, quindi, cristiano della seconda generazione, non ha conosciuto Gesù di Nazareth e non è stato testimone diretto della sua risurrezione.
Antiochia, capitale della provincia romana di Siria, la terza città dell’impero romano (dopo Roma e Alessandria), era un centro importante della civiltà greca (ellenistica): l’ambiente culturale e cosmopolita (aperta al mondo) della città certamente influì sulla formazione dell’evangelista. Verso gli anni 40 d.C. si installa una comunità cristiana formata da giudeocristiani di cultura greca, costretti a fuggire da Gerusalemme a motivo di continue persecuzioni contro la Chiesa.

Infatti, l’inizio del suo Vangelo (Lc. 1, 1-4), il famoso “prologo” (introduzione), dimostra che Luca e anche i suoi lettori (i destinatari della sua opera), appartengono al mondo culturale ellenistico. Era abitudine degli antichi scrittori indicare all’inizio della loro opera gli scopi che volevano raggiungere e come intendevano collocarsi in rapporto ai loro predecessori. Luca agisce come storico “raccontando gli avvenimenti successi tra di noi” (v. 1), ma la storia che scriverà andrà oltre la semplice riflessione sul senso degli avvenimenti riportati per diventare “confessione di fede e testimonianza del primo annuncio” di Gesù di Nazareth, come colui che ha compiuto la salvezza di Dio in mezzo agli uomini.
Evidentemente Luca non parte dal nulla per scrivere la sua opera. Riconosce la propria dipendenza da diverse fonti: “molti hanno cercato di raccontare con ordine” (v. 1). Certamente tra costoro bisogna pensare a Marco, da cui Luca prende l’impianto generale della sua opera e un buon numero di brani evangelici; come pure al compilatore sconosciuto di quella fonte di “parole di Gesù” (la fonte “Q”) a cui attinge anche Matteo; e a quelli che gli hanno fornito l’impressionante somma di materiali che egli possiede in proprio (la fonte “L”), tra cui anche il Vangelo dell’infanzia.

Oltre a riferirsi a coloro che lo hanno preceduto nello scrivere il Vangelo, Luca si rapporta anche con coloro che “furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della parola” (v. 2): si tratta degli apostoli ma anche dei discepoli. Con queste affermazioni Luca si inserisce nel numero dei credenti che ricevettero il messaggio da quelli che furono testimoni degli avvenimenti della vita di Gesù e che gli resero testimonianza annunciando la sua Parola. Inoltre, non essendo egli un testimone oculare di questi fatti, Luca “fa ricerche accurate” (v. 3) sugli scritti dei suoi predecessori e verificare le tradizioni orali di cui dispone, per “scriverne un resoconto ordinato” (v. 3), il cui risultato noi oggi vediamo nel suo Vangelo.
Luca dedica il suo Vangelo “all’illustre Teofilo” e vuole mostrare a questo pagano convertito al cristianesimo che gli insegnamenti che ha ricevuto sono veri e solidi (v. 4) e che, quindi, la sua piena fiducia e l’adesione ferma ai fatti cristiani ha solide e sicure fondamenta.

Teofilo significa “amato da Dio” o “amante di Dio”: è la figura del discepolo che, ricevuto l’annuncio, sa di essere “amato da Dio” e desidera con tutto il cuore diventare anche lui “amante di Dio”. Luca si rivolge quindi al cristiano che vuol diventare adulto, fermo e maturo, consapevole della sua responsabilità davanti al mondo e alla storia.
La lettura del Vangelo di domenica 27 Gennaio prosegue con l’episodio nella sinagoga di Nazareth (Lc. 4, 14-21), che sancisce l’inizio del ministero pubblico di Gesù in Galilea. Come i suoi correligionari, Gesù aveva l’abitudine di frequentare la sinagoga locale e di prendere parte alle cerimonie più solenni del sabato. Quanto alla liturgia sinagogale propriamente detta, essa era relativamente semplice. L’ufficio del Sabato cominciava con la recita dello “Shema” (Ascolta Israele…), l’antica professione di fede nel Dio unico, e proseguiva con la lettura di un brano tratto dai Profeti. La cerimonia finiva con la benedizione del sacerdote.
Ogni uomo adulto del popolo santo aveva il diritto di prendere parte a questo ufficio liturgico presieduto dal capo della sinagoga, il quale sceglieva i lettori e l’eventuale commentatore. Il lettore prescelto leggeva in piedi e in ebraico, la lingua sacra del popolo eletto. A quell’epoca, però, la lingua ebraica non era più compresa se non da pochi eruditi, perciò il lettore veniva assistito da un traduttore che, dopo la lettura di ogni brano, faceva una spiegazione concisa in aramaico, la lingua corrente, quella che anche Gesù parlava. Terminata la lettura, tutti sedevano per ascoltare l’omelia, la spiegazione della lettura. Se nell’assemblea c’era qualcuno desideroso di fare una esortazione ai partecipanti la liturgia, il capo della sinagoga lo invitava a prendere la parola: così avvenne quel giorno con Gesù.

Luca racconta che a Gesù fu dato di leggere il profeta Isaia (61, 1-2a), dove si fa menzione dello Spirito del Signore che invia il suo messia ad annunciare agli esuli il ritorno al loro paese con la speranza di far rinascere nella comunità, in preda alla miseria e allo scoraggiamento, la fiducia nell’intervento del Dio vivo. L’audacia del profeta sta in questo: egli annuncia a tutti questi poveri, a questi uomini dal cuore contrito, a questi ciechi e a questi prigionieri che Dio metterà un termine alla disperazione che essi conoscono. Gesù chiude il libro: con lui si chiude il tempo della promessa e si apre il tempo della realtà (“il tempo è compiuto” cfr. Mc. 1, 15). Gli occhi ormai sono fissi su di lui, nel quale la Parola si fa carne e il libro si fa storia: “Oggi si è compiuta questa Scrittura” (v. 21). La parola di Gesù è il “Vangelo”, la buona notizia che è venuto tra noi colui che la realizza. Gli uditori di Gesù si trovano davanti a colui che compie ogni promessa. Tutto il Vangelo di Luca sarà un ascolto della sua parola, che ci rende contemporanei a lui: nell’obbedienza della fede, entriamo nella salvezza. La Parola, detta una volta per tutte, esiste sempre e ovunque è ascoltata ed eseguita. Appunto, come avviene ogni domenica nelle nostre celebrazioni eucaristiche, che, purtroppo, troppi cristiani disertano!

Bibliografia consultata: Samain, 1973; Fausti, 2011.

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