La missione dei 12 apostoli: predicazione e azione

Lo scopo dell’esistenza del gruppo dei 12 è soprattutto quella del ministero, della missione, come verrà ribadito nel momento della Ascensione

Il Capocordata in montagna

Il Capocordata

Gesù vedendo le folle (Mt. 9, 36-10,8)

Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione” (v. 36). Gesù esprime una compassione “attiva” verso le folle “stanche e sfinite”, nel senso che questa compassione spinge Gesù a muoversi per porre rimedio alla necessità manifestatasi: qui l’iniziativa di Gesù è quella di invitare alla preghiera i suoi discepoli e poco dopo inviarli in missione. “Come pecore senza pastore” (v. 36): L’immagine della “pecora/pastore” viene utilizzata per indicare la relazione tra Dio e il suo popolo, come pure per indicare il bisogno del popolo di una guida umana che agisca secondo la volontà di Dio. Spesso il Signore Dio critica severamente “i pastori di Israele” che non adempiono il loro dovere causando la dispersione del gregge, per cui Dio stesso interviene “a condurre le sue pecore al pascolo e farle riposare” (Ez. 34). Nel nostro brano Gesù nota l’assenza di una “vera” guida per la folla, e quindi per Israele, e questo sarà il motivo che provocherà la esplicita critica di Gesù alle autorità, scribi e farisei, che troviamo nel capitolo 23.mo.

“Chiamati a sé i suoi dodici discepoli” (10, 1)

L’evangelista Matteo attende fino a quasi metà del vangelo per presentare i nomi dei dodici discepoli che chiama “apostoli”: un termine che assume un valore etimologico più che tecnico, in quanto “apostolo” significa appunto “inviato”, e questo è ciò che Gesù sta facendo ora. Due sono le peculiarità della lista apostolica del vangelo di Matteo: il fatto che vengano presentati a coppie (vengono inviati in missione “a due a due”) e il fatto che Pietro sia “primo tra gli apostoli (v. 2). Questa indicazione è indubbiamente da intendersi come un’ulteriore sottolineatura dell’importanza che Pietro assume nel vangelo di Matteo, che diventerà evidente nel capitolo 16.mo.

Lo scopo dell’esistenza del gruppo dei Dodici è soprattutto quella del ministero, della missione, come verrà ribadito nel momento della Ascensione, quando Gesù dà loro un compito missionario molto esplicito: “Andate.. fate discepoli.. battezzandoli.. insegnando” (28, 19-20). Da notare anche come l’espressione “guarire ogni malattia e ogni infermità (v. 1) indica come gli apostoli devono continuare l’opera dello stesso Gesù, e di farlo con il potere che lui stesso conferisce loro perché è lui ad averlo: Gesù infatti, mentre li invia in missione, concede ai discepoli la sua stessa autorità, il suo stesso potere che erano stati riconosciuti dalla folla, dal centurione, ma contestati da alcuni scribi.

“Questi sono i Dodici che Gesù inviò” (v. 5)

Quest’ultima parte del nostro brano contiene le istruzioni su coloro a cui i Dodici devono rivolgersi e sulla duplice natura della loro missione: predicazione e azione. “Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele” (v. 6): l’invito deve essere letto nell’ottica dell’intero vangelo, dove troviamo questa preferenza, che talvolta diventa quasi esclusività, anche alla missione di Gesù. A essa però si affianca con frequenza l’apertura della sua missione anche ai pagani che spesso cercano Gesù e che vengono elogiati per la loro fede, come nel caso del centurione (8, 5-13).

Nel nostro brano Gesù non invita i suoi discepoli ad andare oltre i confini in cui lui ha operato; più avanti la missione si aprirà al mondo intero. Ciò che i discepoli sono chiamati a predicare e compiere è volutamente privo di “novità”, essendo tutte cose già proclamate e compiute da Gesù stesso, e questo evidenzia come la missione dei discepoli sia da leggere in strettissima continuità con quella di Gesù. Il messaggio che i Dodici devono proclamare è letteralmente identico a quello di Gesù e ancor prima di Giovanni Battista, mentre l’elenco delle opere che i discepoli sono chiamati a compiere riprende i miracoli compiuti da Gesù riportati nei capitoli precedenti.

Cercasi collaboratori

Gesù, fin dagli inizi del suo ministero terreno, cerca dei collaboratori, cioè persone che investono cuore e testa, risorse e volontà nel campo del regno di Dio. Affida responsabilità consistenti e mette nelle loro mani gli strumenti indispensabili per raggiungere l’obiettivo. Cerca collaboratori che investano non uno spezzone della loro vita, tanto per fare un’esperienza significativa, ma la loro intera esistenza. Per questo chiede loro di abbandonare tutto: il lavoro e la famiglia, gli amici e il paese in cui abitano.

Cerca collaboratori, ma non tra quelli che hanno diplomi da ostentare, o un curriculum di tutto riguardo. Va a scovarli nei posti più impensati: tra i pescatori del lago, ma anche tra gli esattori delle tasse, che non sono “stinchi di santo”. Quello che conta non è il loro passato, ma il presente di Dio. E nessuno può inorgoglirsi per qualcosa, perché ciò che vedono prodursi sotto i loro occhi avviene per grazia di Dio, non per la loro capacità personale.

Cerca collaboratori perché il compito è immenso e sono tanti quelli che attendono una parola e un gesto di speranza per sfuggire alla disperazione, per cominciare a guardare al futuro con occhi diversi. Tutto è all’insegna della gratuità: si tratta, infatti, di trasmettere quello che si è ricevuto, di far arrivare dei doni preziosi che non sono frutto del lavoro degli esseri umani. L’unico requisito è la disponibilità: un amore a tutta prova che non si tira indietro da nessuna situazione. Anche quando è pericolosa, anche quando si presenta come equivoca.

O Signore, la missione che affidi ai tuoi discepoli è all’insegna della gratuità, perché questo è il contrassegno dell’amore. Del resto non si può far pagare agli altri quello che si è ricevuto in dono. E’ un dono la Parola, è un dono che domanda solamente di essere proclamata per la consolazione, la libertà la pace e la gioia di quelli che incontreranno e benediranno Dio perché mostra di prendersi cura di loro.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Busia, 2023; Laurita, 2023.