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Trattori che uccidono

Monte San Giovanni Campano, 74enne morto schiacciato dal trattore

di Fabio Vergovich
Gli incidenti con i trattori agricoli continuano a essere una delle principali cause di morte sul lavoro in ambito rurale, una strage silenziosa. Cosa si può fare davvero?
Trattore ribaltato, vigile del fuoco al lavoro
Trattore ribaltato, intervento di un Vigile del Fuoco

Un tragico incidente nei campi

Una giornata di lavoro nei campi si è trasformata in tragedia per un uomo di 74 anni a Monte San Giovanni Campano, un piccolo comune in provincia di Frosinone. L’anziano stava lavorando nel suo terreno quando, per cause ancora da chiarire, è rimasto schiacciato dal trattore che stava utilizzando. L’incidente è avvenuto intorno alle 13:30, un orario in cui il sole è ancora alto e il lavoro nei campi è in pieno svolgimento.

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Intervento immediato dei soccorsi

Nonostante la rapidità con cui sono intervenuti i soccorsi, per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Sul posto sono giunti i carabinieri, il personale del 118 e i vigili del fuoco, ma l’uomo era già deceduto al loro arrivo. La dinamica dell’incidente è ora al vaglio delle autorità competenti, che dovranno stabilire se ci siano state eventuali negligenze o malfunzionamenti del mezzo agricolo.

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Il dolore della comunità

La notizia ha scosso profondamente la comunità di Monte San Giovanni Campano, dove l’uomo era conosciuto e benvoluto. In questi piccoli centri, episodi del genere lasciano un segno indelebile, colpendo non solo la famiglia della vittima, ma anche tutti coloro che, in un modo o nell’altro, ne erano legati. La salma è stata trasportata presso la camera mortuaria di Frosinone, dove rimarrà a disposizione dell’autorità giudiziaria per gli accertamenti del caso.

Un’altra vittima nel Frusinate, schiacciato dal suo mezzo in un campo

È accaduto ancora. Un uomo ha perso la vita mentre stava lavorando la terra, travolto e schiacciato dal trattore con cui stava operando. È successo in provincia di Frosinone, in un contesto familiare e agricolo, come spesso capita in questi casi: un terreno privato, un mezzo di proprietà, l’abitudine quotidiana di prendersi cura dei propri campi, trasformata in tragedia.

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Sul posto sono arrivati immediatamente i soccorsi e le forze dell’ordine, ma per l’uomo non c’era più nulla da fare. Il mezzo si è ribaltato in un punto del campo in leggera pendenza, una dinamica frequente in questi incidenti. Lavorava da solo, come tanti piccoli agricoltori e hobbisti che in Italia si occupano della terra in autonomia, spesso con mezzi datati, senza sistemi di sicurezza aggiornati o con cabine protettive mai installate.

Una strage silenziosa: i numeri che non calano

Gli incidenti con i trattori agricoli continuano a essere una delle principali cause di morte sul lavoro in ambito rurale. I dati più recenti dell’INAIL confermano che ogni anno decine di persone perdono la vita per il ribaltamento del mezzo agricolo. Un fenomeno che colpisce in particolare il Centro e il Nord Italia, ma che interessa l’intero territorio nazionale.

Le cause sono note: mezzi spesso obsoleti, privi di cinture di sicurezza, senza sistemi di protezione contro il ribaltamento (ROPS), terreni irregolari, lavoro solitario e tempi dilatati che portano a sottovalutare i rischi. A ciò si aggiunge la scarsa cultura della prevenzione, specie tra chi gestisce piccoli appezzamenti e considera il trattore come un’estensione naturale del proprio lavoro quotidiano.

L’effetto età e i trattori “di famiglia”

Molti incidenti avvengono in contesti non professionali, ma familiari. Il mezzo agricolo, magari acquistato decenni prima, viene utilizzato da chi ha superato da tempo l’età pensionabile, ma continua a prendersi cura della terra. Spesso si tratta di uomini con esperienza, ma senza una formazione recente sui rischi legati alla meccanica moderna o all’uso in sicurezza di macchinari pesanti.

Anche la manutenzione ordinaria è un nodo critico. Freni usurati, sterzo rigido, frizione debole, gomme lisce: dettagli che, su un mezzo da diversi quintali in movimento su terreni irregolari, possono fare la differenza tra un’operazione riuscita e una tragedia. Eppure, per motivi economici o per abitudine, molti di questi trattori restano in funzione ben oltre il ciclo di vita previsto dai costruttori.


Il paradosso dei controlli e delle misure ignorate

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le campagne di sensibilizzazione: INAIL, Regioni, ASL e persino associazioni di categoria come Coldiretti e CIA hanno più volte sollevato il tema della sicurezza dei trattori agricoli. Esistono incentivi per l’adeguamento dei mezzi, fondi europei e regionali per il rinnovo del parco macchine, linee guida tecniche. Ma la risposta è ancora parziale.

Molti agricoltori non conoscono queste opportunità, altri non le sfruttano per la complessità burocratica delle domande, altri ancora preferiscono affidarsi alla consuetudine, considerata più “economica” a breve termine, ma molto più rischiosa nel lungo periodo.

Il problema è anche culturale: il trattore, in molte aree rurali, non è percepito come una macchina potenzialmente letale, ma come uno strumento di lavoro innocuo, “domestico”. Una percezione che ignora la fisica del ribaltamento, la mancanza di cabine di sicurezza, l’effetto leva in curva o su pendenze accentuate.


La solitudine del lavoro nei campi

La maggior parte degli incidenti avviene senza testimoni. Lavorare da soli in campagna è normale, soprattutto per chi non ha aziende strutturate o opera in forma individuale. Il tempo che intercorre tra un ribaltamento e l’arrivo dei soccorsi è spesso decisivo. E quasi sempre, troppo lungo.

In alcuni casi, come accaduto nel Frusinate, a segnalare l’incidente è un familiare che non vede rientrare la persona a fine giornata, o un vicino che si accorge di un mezzo fermo in una posizione anomala. Ma quando il trattore si ribalta, la dinamica è quasi sempre fatale. Il peso del mezzo schiaccia il corpo, le protezioni mancano, la cabina non c’è.


Cosa si può fare davvero

Il tema è strutturale e richiede un approccio integrato: aggiornamento normativo, incentivi semplificati, controlli più mirati, ma soprattutto formazione. Non bastano le brochure o gli avvisi: serve un cambio di mentalità. La sicurezza non può essere percepita come un ostacolo o una formalità, ma come una necessità.

Alcune regioni stanno sperimentando corsi gratuiti per l’uso sicuro del trattore, promuovendo anche la rottamazione dei mezzi vecchi. Ma il passo culturale resta quello più difficile. Finché l’agricoltore medio continuerà a considerare il trattore come “una cosa di casa”, difficilmente il rischio verrà percepito nella sua gravità.

Quello che è successo in provincia di Frosinone non è un caso isolato. È uno dei tanti episodi che, sommati, compongono una crisi silenziosa e sottostimata. Un problema che riguarda territori interi, dove l’agricoltura è ancora fatta a misura d’uomo, ma dove l’uomo, troppo spesso, viene lasciato solo.

*Foto, immagine di repertorio

 

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