Processo contro il clan Moccia, cambiati 16 giudici in 15 udienze

I magistrati dei sei imputati hanno definito il processo contro il clan come “senza fine e di un’inaudita gravità”

Aula di tribunale

Nel processo contro il clan Moccia, si sono susseguiti 16 giudici diversi nel corso delle 15 udienze del processo.

Il processo

Gli avvocati penalisti hanno definito questi eventi “un’inaudita gravità” in quanto hanno notevolmente rallentato e ostacolato il procedimento fino al punto che la Camera penale di Roma ha proclamato per il prossimo 2 novembre l’astensione dalle udienze. Condividendo le ragioni della protesta, l’Unione delle Camere penali ha indetto lo stato di agitazione di tutta la categoria. 

Il processo ha avuto inizio nel 2020, dopo l’operazione effettuata dalla Dda che portò al sequestro di alcuni ristoranti nel centro di Roma. Questo processo è diventato l’esempio di come i tempi esageratamente lunghi diventino incompatibili con le regole base di un giusto processo. Per questa ragione gli avvocati difensori dei sei imputati, accusati di estorsione e fittizia intestazione di beni aggravate dal metodo mafioso, hanno deciso di farsi sentire.

L’ultimo giudice

L’ultimo giudice è stato cambiato dopo la requisitoria in cui il Pm aveva richiesto 19 anni di carcere per Angelo Moccia, considerato capo del clan, mentre per gli altri imputati hanno chiesto la condanna dai 3 ai 12 anni. Ma giunti alle arringhe difensive è subentrato un nuovo giudice.  

Il giusto processo

Secondo quanto afferma l‘Ucpi: “E’ semplicemente incompatibile con i più elementari principi del giusto processo, e prima ancora con le regole della logica e del buon senso, l’idea non solo che il giudice che pronuncia la sentenza sia diverso da quello che ha raccolto la prova, ma addirittura che il giudice possa mutare a ogni udienza istruttoria”. 

Appello a Nordio

L’Unione delle Camere penali ha poi rivolto un appello al nuovo Ministro della Giustizia Carlo Nordio: “E’ urgente un intervento normativo che, negando in radice restituisca in modo inequivoco e non soggetto a possibili, ulteriori manipolazioni interpretative, l’intangibile principio dell’immediatezza della decisione già inutilmente sancito dall’art. 525 cpp nella sua attuale formulazione”.

penalisti hanno inoltre richiesto di “affermare il principio per il quale qualunque trasferimento del giudice, per ragioni diverse dall’urgenza, possa avere luogo solo quando il giudice medesimo abbia smaltito il proprio ruolo di udienze, almeno con riguardo a quelle la cui istruttoria si sia già svolta nelle sue cadenze più significative”.