Roma, Cinecittà dominata dai Casamonica: la storia di Graziella, barista senza paura

“Nel quartiere ci sono 15mila persone. Se fossimo uniti chi ci toccherebbe?” ha detto la titolare del Rosy bar

Proprietaria del Rosy bar sorridente prepara il caffè

La titolare del Rosy bar

“Io non ho paura, ma qui un po’ tutti temono i Casamonica e ciò che possono farti se li contraddici”.

Lo ripetono molti dei negozianti del quartiere di Cinecittà est a Roma, vicino alla Romanina e alla storica roccaforte del clan, tanto vicina da respirarne le influenze criminali di uno dei gruppi maggiormente radicati sul territorio. I negozianti parlano e raccontano aneddoti, come non avrebbero mai fatto qualche anno fa; e questo è buon segno.

Il dominio dei Casamonica a Cinecittà e Romanina

Ma la famiglia dei Casamonica, occupante abusiva di un appartamento Enasarco di 43 metri quadrati in cui vivono in un numero imprecisato di persone, non costituisce certamente il vertice del clan nomade, bensì parenti che si fanno forti del loro cognome per intimidire. Una lunga strada, alti palazzoni, botteghe di quartiere e una dimensione di “paese” che nelle borgate romane ancora resiste.

La zona de La Romanina considerata base dei Casamonica, con le ville ad un solo piano, alcune realizzate con buongusto e altre meno ma tutte protette da alti muri e pesanti cancelli, è divisa da Cinecittà est da una sola strada, tanto da confondere spesso i due quartieri.

Il ricordo del raid al bar Roxy

Un territorio noto alle cronache locale per atti di micro criminalità, rapine e spaccio ma che negli ultimi giorni è stato colpito da un fatto di cronaca che ripota alla memoria il raid compiuto da alcuni membri dei Casamonica ai bar Roxy, proprio alla Romanina.

In un altro bar, questa volta il Rosy bar in via Pietro Marchisio, davanti ad una delle scuole materne del quartiere, la proprietaria non ha avuto paura ed è andata allo scontro, letteralmente parlando, proprio con delle giovani appartenenti alla famiglia.

“Le avevo allontanata perché non pagavano le consumazioni. Sono tornate poi con i ragazzini due settimane fa quando in cassa c’era mio figlio e, dopo aver consumato, lo hanno distratto lanciando qualcosa dietro la cassa per farlo girare, hanno arraffato della merce e sono scappati”.

Lo dice ad “Agenzia Nova” Graziella Crialesi titolare del Rosy bar che, anni fa, è stata tre volte campionessa italiana di powerlifting, una disciplina sportiva della pesistica.

Un racconto, però da micro criminalità ben lontana da ciò che è accaduto nel pomeriggio di lunedì scorso quando Crialesi, vedendo le donne e i loro figli passare davanti al bar le ha affrontate dicendo loro di non entrare più nel suo locale.

Il racconto della proprietaria del Rosy bar

“Ma che ti pensi, mi ha detto una delle due, noi siamo i Casamonica, il quartiere è nostro” ricorda la barista “Mentre me lo diceva mi ha strattonato e ha dato un calcio, ma io ho reagito e al calcio che le ho dato, lei è caduta”.

A quel punto la barista sarebbe stata accerchiata dall’intera famiglia, uomini compresi, che le continuavano a ricordare contro chi si stava mettendo, fino a quando non sono arrivati gli agenti della polizia. Mentre la ragazza a terra veniva portata via da una ambulanza, entrambe le parti sono state invitate in commissariato per le deposizioni. “Mentre salivo in macchina per seguire gli agenti, i due minorenni mi sono passati vicino con il motorino e mi hanno sputato vicino ai piedi”.

Diffusa la notizia alla barista è arrivata tanta solidarietà.

La visita della Raggi alla signora Graziella

Ieri ha ricevuto la visita informale anche della ex sindaca Virginia Raggi e oggi è prevista quella dell’assessore alle politiche della sicurezza di Roma Monica Lucarelli.

“Tanti mi hanno stretto la mano – ha detto la barista – altri, invece, mi hanno detto che sono matta perché non so contro chi mi sono messa”. A questi ultimi “ho risposto che è per gente come loro che questi (i Casamonica – ndr ) vanno avanti. Nel quartiere ci sono 15mila persone. Se fossimo uniti chi ci toccherebbe?”.

Un episodio che non è stato preso sotto gamba dalla questura di Roma che ha intensificato i controlli davanti al bar aumentando il numero dei passaggi delle pattuglie, sia su volanti che in borgese. Magari una maggiore presenza delle auto del commissariato di zona avrebbe indotto ad un comportamento diverso il gruppo di rom. Del resto le loro gesta sono note a tutti i commercianti. Anche una famiglia di commercianti cinesi ha dovuto conoscere la la prepotenza del nucleo familiare rom e soprattutto le loro abitudini.

“Nei locali mangiano, non pagano e poi minacciano”

“Entrano in 4 o 5 persone, donne e bambini, – racconta la commerciante asiatica in maniera chiara anche se con un italiano stentato – non riesci a controllarli tutti o a chiedere di mettere a posto ciò che hanno preso prima che scappino via.

L’anno scorso ne ho preso uno per il colletto della maglia e gli ho detto di chiamare i genitori; la sorella mi ha fatto il video e poco dopo sono scesi madre e padre; lui ha picchiato mio marito e la madre mi ha tirato i capelli. Abbiamo dovuto chiamare la polizia e denunciarli. Se mi avessero detto che mio figlio ruba, lo avrei picchiato con il bastone”.

Pizzerie e rosticcerie della zona conoscono la fama della famiglia e hanno imparato a prendere le distanze. Uno di loro dice di avere un “credito di 18 euro, ma meglio avere 18 euro di meno e ma non avere quella gente nel locale”.

Disturbo della quiete pubblica e feste continue

Le lamentele arrivano anche dai residenti. Tre famiglie del palazzo hanno deciso di vendere l’appartamento e andare a vivere altrove. “Comprensibile.

Spesso si ritrovano qui davanti – dicono alcune donne che rientrano a casa con la spesa indicano il passaggio sotto ai palazzi che da via Pietro Marchisio portano a viale Ciamarra – restano fino alle tre di notte a urlare e a fare schiamazzi e se qualcuno dice loro di smetterla viene insultato e minacciata. Poi nella loro casa urlano a tutte le ore, ballano e cantano anche di notte, e si sente anche da un palazzo all’altro. Non c’è pace”.