Alghe marine, un fenomeno che è destinato a crescere, ma può essere una fortuna

A periodi la spiaggia si riempie di alghe, senza preavviso. Da Ostia a Fregene, da Anzio a Terracina dobbiamo prepararci a vederne sempre di più

Spiaggia, alghe marine

Da Ostia a Fregene, da Anzio a Terracina dobbiamo prepararci a vederne sempre di più. Ma s’è scoperto che le alghe che finiscono a tonnellate, anche sulle nostre spiagge, possono essere riciclate in prodotti cosmetici, cibo e anche altro.

A periodi la spiaggia si riempie di alghe, non c’è un preavviso, una regola. Di colpo una mattina vai in spiaggia e la vedi coperta da una massa di erbaccia marrone, che di lì a poco emana un odore insopportabile e nauseabondo che allontana i bagnanti. Comunque sia, anche se non puzzassero, la loro presenza deturpa il paesaggio. Rende complicato passeggiare sul bagnasciuga e anche entrare in mare è un problema. Devi scansarle, ti si appiccicano alle gambe e hai sempre una strana sensazione che qualcosa sott’acqua si avvicini a te con intenti non comprensibili.

Ai Caraibi le alghe vengono spedite in Finlandia

Succede sulle coste dell’Adriatico ma anche su quelle Tirreniche. Succede in tanti posti anche nelle dorate spiagge caraibiche di Cancun in Messico o di Punta Cana in Dominicana, nei mesi estivi. Tonnellate di alghe, montagne di alghe.  Che costringono gli hotel lusso della costa a chiamare i bulldozer per spalarle via o sotterrarle in zone meno frequentate. 

Recentemente la Fondazione Gruppo Punta Cana ha fatto un accordo con la società finlandese Origin by Ocean per esportarle in Finlandia.  È un business geniale. I finlandesi comprano le alghe impacchettate a balle, per destinarle ad un impianto di biotrattamento e convertirle in materie prime per l’industria cosmetica e alimentare.

Una soluzione ecologica vantaggiosa per entrambe, per la località turistica e per i finlandesi. L’intervento serve anche a mantenere pulito l’oceano e a preservare l’ambiente. Il fenomeno tende a verificarsi all’inizio o prima della stagione estiva. Gli alberghi hanno deciso di porre in mare anche una barriera che limita l’accesso delle erbacce sulla spiaggia e consente di recuperarle a largo, impacchettarle e spedirle. 

In Repubblica Dominicana esiste già un accordo dal 2020, tra il Ministero del Turismo e il Banco Interamericano de Desarrollo y Asonahores per il salvataggio di 35 spiagge e la costruzione di barriere per il controllo delle alghe. Come dire che a volte il Terzo mondo sembra essere il Primo e viceversa.

Posidonia Oceanica e alghe, c’è differenza!

Per molti tutte le erbe o piante marine sono alghe. Non è così. La Posidonia per esempio non è un’alga. Tuttavia si può trovare spiaggiata esattamente come le alghe. Come spiega Giulia Pellizzato, biologa marina, sul sito viaggipersub.it, è una pianta superiore (fanerogame) che sviluppa radici e foglie e produce fiori e frutti. Si sviluppa creando praterie sottomarine in zone illuminate dai raggi solari, a profondità comprese tra pochi decimetri dalla superficie del mare sino,  in casi di elevata trasparenza delle acque, a -40/ -50 metri.

E’ una pianta molto importante per la vita marina perché oltre a produrre  ossigeno, smorza l’azione delle onde, limitando l’erosione delle coste e ospitando numerosi organismi. Esistono altre 8 specie di Posidonia presenti in Australia ma la Posidonia oceanica si trova solo nel Mediterraneo. La prateria più estesa è quella presente tra le isole di Formentera e Ibiza e si estende per circa 15 kilometri. Sarebbe l’organismo più longevo (centinaia di migliaia di anni).

L’anatomia delle alghe è invece molto più semplice. Il loro corpo (o tallo) non presenta diversi organi: tutte le cellule sono infatti in grado di assorbire i nutrienti dall’acqua e di compiere la fotosintesi clorofilliana. Può trarre in inganno la presenza di strutture dall’aspetto simile a quello delle radici, chiamate invece rizoidi, che però svolgono la sola funzione di ancorare l’alga al substrato.

Le fanerogame marine si riproducono attraverso fiori e frutti proprio come le piante terrestri. Il polline viene rilasciato dalla pianta e trasportato dalle correnti marine fino a raggiungere e impollinare i fiori di un’altra fanerogama. Avvenuta l’impollinazione, si sviluppa un frutto dall’aspetto simile ad un’oliva che, una volta maturo, si stacca e viene trasportato dalle correnti fino al luogo in cui germoglierà dando origine ad una nuova piantina. Le fanerogame si possono riprodurre per via asessuata, attraverso la produzione di stoloni.

Le alghe invece per riprodursi possono rilasciare spore che, raggiunto il substrato, daranno origine ad un nuovo individuo, oppure possono riprodursi per frammentazione. Le alghe sono infatti capaci di rigenerare completamente il proprio corpo a partire da un piccolo frammento del tallo. Noi qui ci occupiamo di alcune specie di alghe.

Un fenomeno che è destinato a crescere sempre di più

Immaginatevi il turista americano o europeo che arriva sulle spiagge caraibiche e si trova a dover superare montagnole di alghe per fare il bagno. La sabbia bianca che pare borotalco, il mare turchese e una puzza nauseabonda che non ti fa respirare. Se pensa al biglietto aereo e al costo della vacanza c’è di che infastidirsi.

Ma al turista tedesco che arriva a Cesenatico succede la stessa cosa. Perché da noi non si fanno accordi coi finlandesi, che sarebbero anche più vicini? Dal punto di vista turistico non è una buona notizia ma da quello imprenditoriale potrebbe esserla sapere che il fenomeno alghe, seppur non continuo, è destinato a crescere sempre di più.

La presenza eccessiva di alghe pare sia in relazione con l’aumento delle temperature superficiali marine, ma anche con altri fattori come l’eccessivo apporto di nutrienti di origine antropica e l’intensificazione dell’acquicoltura in alcune parti del mondo. I risultati dello studio, che sono stati pubblicati recentemente su Nature,  sono di particolare interesse in quanto le alghe, “pur avendo indiscutibili effetti benefici, possono talora costituire un problema ambientale.

Se da un lato infatti producono ossigeno a partire dall’anidride carbonica e sono alla base di tutta la catena alimentare marina, con un ruolo importante per gli ecosistemi, dall’altro in certi casi possono produrre tossine in grado di causare malattie e morte di specie marine ed esseri umani”. 

Sulle nostre spiagge, che io sappia, nessuno è mai morto per avere respirato il cattivo odore delle alghe marce.

Da noi siamo ancora con la pala meccanica e la discarica

Da noi si procede con sistemi antidiluviani. Le reti a strascico per acchiappare quante più alghe possibili e trainarle in spiaggia con la pala meccanica. Si raccolgono quintali e quintali di erbe marine ma poi resta il problema, che farne? In genere le Capitanerie di porto incoraggiano a lasciarle lì o al massimo spostarle in posizione retrostante alla spiaggia ma nelle immediate vicinanze sia per non alterare le caratteristiche morfologiche della zona demaniale, sia per impedire al mare di portarsi via nel tempo tutta la spiaggia.

In molti casi l’idea è impossibile da realizzare perché dietro alla spiaggia spesso ci sono bar, parcheggi, casette e si vanno a ledere interessi di terzi. In alternativa alcuni comuni hanno reso disponibili delle aree idonee per lo stoccaggio temporaneo delle alghe in attesa di conferirle in discarica aumentando il problema dello smaltimento dell’immondizia.

Il turista capisce ma se non si interviene va via

Una lettrice di Cesena Today si è sfogata così: “Spiaggia di Cesenatico, ponente. Peccato non possa inviarvi anche la puzza che condisce questa esperienza vacanziera 2018. Capisco che è un evento straordinario e che non si viene in Riviera Romagnola immaginando di trovare il mare cristallino del Salento ma nemmeno di trovare una situazione disastrosa del genere! Il pomeriggio l’acqua è addirittura stagnante, non si muove, piatta. Personalmente tornerò a casa 3 giorni prima. Non ha senso stare qui a respirar puzza di alghe marcescenti. Mi spiace solo per i titolari e i lavoratori del mio hotel perché, sebbene siano deliziosi, non basta a far restare me e gli altri turisti“.

In particolari periodi si sono presentati anche macrofilamenti lungo la colonna d’acqua, con affioramento di materiale mucillaginoso.

Le mucillagini sono costituite da polisaccaridi che si gonfiano a contatto con l’acqua e si riuniscono formando aggregati di forma e grandezza diverse. Prendono origine come prodotto “extracellulare”, ossia come escrezione da parte di microalghe presenti in ambiente marino oppure si formano per disgregazione cellulare delle stesse.

La produzione di mucillagine è un fenomeno molto diffuso in ambiente marino, non limitato ai soli mari italiani e al Mediterraneo. E’ un fenomeno non generato dalla presenza o dagli scarichi di sostanze inquinanti, infatti la testimonianza più antica risale al 1729, periodo in cui non erano state ancora sintetizzate molecole inquinanti.