Antonio Guidi, cinema e salute mentale: “Storie di ordinario cervello”

Guidi: “La rassegna cinematografica, Storie di ordinario cervello, nasce tra amici e colleghi ragionando sulla realtà della salute mentale”

Antonio Guidi

Antonio Guidi

Antonio Guidi, già Ministro della Famiglia e attuale parlamentare al Senato, ha ideato con la collaborazione della Lundbeck e dello studio legale Toffoletto,il progetto “Storie di ordinario cervello” che mette in comunicazione cinema e salute mentale. Come nasce l’idea senatore Guidi?

A volte succede che gli incontri casuali generino effetti straordinari. È il caso di questa stra-ordinaria rassegna cinematografica, nata dalla conversazione fra amici e colleghi sulla realtà della salute mentale. Partendo da esperienze personali e professionali differenti, abbiamo proceduto per un obiettivo preciso e ambizioso: ampliare quella conversazione fra amici, parlare a tutti e per tutti, per attuare una destigmatizzazione del tema e porre il cervello nella sua ordinaria straordinarietà al centro del dibattito sociale. Bisogna maneggiare con cura, ma anche con coraggio, il tema della salute mentale, altrimenti si rischia di rompere troppe cose, fra cui la democrazia. Salute mentale e democrazia sono indissolubili.

Dai i dati dell’ultimo rapporto dell’OMS emerge che una persona su 8 soffre di un disturbo mentale. Da quando ci siamo ammalati così?

Questi dati sono, sì, allarmanti, ma evidenziano l’ordinaria sofferenza che abbiamo vissuto collettivamente nell’ultimo periodo e che oggi, per la somma di fattori molteplici, hanno fatto esplodere il problema. La mancanza di spazi fisici per il gioco dei bambini, la prepotenza dei social media che propongono modelli relazionali molto spesso marcati dall’irraggiungibilità, le parole violente, la mancanza di lavoro e l’improbabilità di immaginare un futuro di chi oggi ha un’età e domani ne avrà un’altra. Questa è solo una cornice.

Quali sono i rischi di uno scenario così fosco?

Da una parte l’eccessiva medicalizzazione e psicologizzazione, dall’altra, sfruttando i casi più estremi, la proposta malcelata di riaprire realtà manicomiali, che di nascosto già serpeggia. Al contrario, bisogna lavorare per una sana presa in cura del paziente, laddove il caso lo prevede. In altri casi, lavorare per una maggiore sensibilizzazione e apertura sul tema per costruire il proprio benessere, invece di giudicarsi.

Quali sono i motivi che vi hanno condotto a scegliere il cinema come luogo di riflessione sulla salute mentale?

Come anticamente il teatro è stato la trasfigurazione dei vizi e delle virtù poste in un anfiteatro in cui si provavano le stesse emozioni all’unisono, anche il cinema ci mette di fronte rappresentazioni di tutti i tipi, trasportandoci collettivamente attraverso la storia raccontata. Inoltre, dopo il Covid, andare al cinema rappresenta la riappropriazione di uno spazio emotivo, non solo culturale. Per questo non potevamo che portare il grande tema della salute mentale attraverso il grande schermo del cinema, luogo in cui si sta tutti insieme e ci si riconosce.