Cinghiali. Ispra pubblica i dati della strage, Oipa: “Si attesta che più ne abbatti più si moltiplicano”

“La caccia e la ‘selezione’ non sono la soluzione al problema della proliferazione dei cinghiali, ma la causa”

caccia al cinghiale

Caccia al cinghiale nella Regione Lazio

I dati diffusi oggi dall‘Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) sulla popolazione dei cinghiali in Italia e sulla strage che se n’è fatta attestano quel che diciamo da sempre: “Più ne abbatti, più si moltiplicano”. Così l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) in un comunicato stampa.

Un parere degli esperti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) in tema di peste suina africana afferma che “la caccia non è uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa”.

“Negli ultimi anni si è ragionato solo su come sguinzagliare i cosiddetti ‘selezionatori’ fuori e dentro i parchi anche protetti e, da ultimo, persino nelle zone urbane. La caccia e la ‘selezione’ non sono la soluzione al problema della proliferazione dei cinghiali, ma la causa”, dichiara il presidente dell’OipaMassimo Comparotto.

“Non lo diciamo solo noi: lo attestano etologi, zoologi, naturalisti. ll problema della presenza dei cinghiali in città è dovuta a una scorretta raccolta dei rifiuti: dov’è attuata la raccolta porta a porta i cinghiali non si presentano negli abitati. Inoltre, ancor più a monte, vi è la politica dei ‘ripopolamenti’ degli anni passati: i cinghiali che popolano oggi l’Italia, più grandi e prolifici degli autoctoni, sono stati introdotti dai paesi dell’Est Europa a uso e consumo dei cacciatori, cui ora si ricorre per risolvere un problema che loro stessi hanno determinato”.

Per arginare il fenomeno la politica dovrebbe adottare azioni di prevenzione come la pulizia del territorio, la corretta raccolta dei rifiuti, l’uso di dissuasori, fino alla sterilizzazione farmacologica, oggi allo studio del Ministero della Salute. Purtroppo anche le categorie che dovrebbero adottare misure dissuasive preferiscono poi lamentarsi e chiedere rimborsi pubblici, conclude il comunicato della Federazione internazionale di associazioni animaliste e protezioniste.