Cucina: Pasqua nella tradizione, i primi piatti e Sua Maestà la Lasagna

La locandina di Apicio è la rubrica di gastronomia di Domenico di Catania, consulente economista e chef

Per i miei lettori voglio presentare la tradizione culinaria della Pasqua italiana in tre articoli distinti dedicando il presente ai primi piatti, il prossimo ai secondi piatti e l’ultimo ai dolci. I tre articoli saranno arricchiti da ricette tradizionali dal “taccuino di cucina delle nonne”.

I piatti pasquali sono realizzati nella maggior parte con prodotti di stagione molto colorati e saporiti: i primi piatti di Pasqua variano da regione a regione con alcune costanti. L’agnello, per i primi piatti utilizzato come ragù non è presente tutto l’anno sulle tavole ma a Pasqua è utilizzato come simbolo della tradizione. Vengono apprezzati anche primi come i tagliolini con ragù di pollo e zucchine allo zafferano ma sicuramente non mancano le lasagne, tradizionali o con ragù bianco e crema di vario genere o i conchiglioni farciti o persino i panzerotti con vari ripieni. Insomma… ce n’è proprio per tutti i gusti!

Il pranzo di Pasqua

Dopo un antipasto a buffet in cui potrebbero essere proposti dei carciofi o una pizza al formaggio marchigiana o il casatiello napoletano, arriva il momento dei primi piatti, e qui chi ama stare ai fornelli può sbizzarrirsi come meglio crede.

Ma nella maggioranza dei pranzi pasquali italiani, però, è la lasagna a fare la regina, anche perché si presta a diverse declinazioni a seconda degli ingredienti che si preferiscono.

Per i vegetariani e i vegani, per esempio, è ottima una lasagna bianca a base di verdure, mentre se si è alla ricerca di un primo un po’ più sostanzioso non si può resistere alla ricetta tipica della Campania, con lasagne al sugo accompagnate da uova, ricotta e polpette di carne macinata. Una vera e propria bomba calorica, che in un giorno di festa ci si può concedere senza problemi. In Emilia si è soliti preparare, invece, le lasagne al forno con besciamella e ragù, mentre in Sicilia non mancano le melanzane!

Dall’antico piatto romano a quello odierno a strati, le due città Napoli e Bologna si contendono i natali di questo piatto, le cui ricette però presentano importanti differenze, a cominciare dall’utilizzo di besciamella e ricotta. Ma ogni regione, in realtà, ha la sua versione… Uno dei simboli stessi dell’italianità, in grado di coniugare radici antiche a numerose varianti regionali.

Ed è proprio per questo che voglio fare il punto sulle buonissime lasagne risalendo alla storia degli antichi Romani , infatti già da loro già conosciuta con il termine “laganon” e “laganum” indicavano infatti una sfoglia sottile ricavata da un impasto a base di farina di grano, che veniva cotto al forno o direttamente sul fuoco.

Apicio, il grande e primo scrittore di cucina, parla esplicitamente di una “lagana” formata da sottili sfoglie di pasta farcite con carne e cotte in forno. Ma, in effetti si trattava semplicemente di un pasticcio di pasta e carne alla rinfusa, non proprio paragonabile all’attuale lasagna.

Nel Medioevo queste lasagne erano talmente diffuse che furono numerosi i poeti che le citarono nei loro lavori: in Umbria Jacopone da Todi, secondo il quale spesso “granel di pepe vince per virtù la lasagna”. In Toscana, Cecco Angiolieri: “Chi de l’altrui farina fa lasagne, il su’ castello non ha ne muro ne fosso”. Mentre fra’ Salimbene da Parma così descriveva un monaco: “Non vidi mai nessuno che come lui si abbuffasse tanto volentieri di lasagne con formaggio”. E l’Emilia? Ci arriviamo con l’avvento della pasta all’uovo nel Nord Italia, in epoca rinascimentale. E con l’avvento di una ricetta, risalente al XIV secolo (contenuta nel Libro di cucina del secolo XIV, stampato nel 1863 da Francesco Zambrini), che prevedeva l‘alternarsi di starti di pasta e di formaggio: è probabilmente dall’unione di questa pietanza con le vecchie lasagne romane che, nel ‘600, nacquero in Emilia le odierne lasagne, completate un secolo più tardi dall’arrivo della salsa di pomodoro da Napoli.

Il Re lasagna

Ma è proprio qui che la tradizione della lasagna emiliana si incontra e scontra con quella, parallela, messa in campo dalla cucina napoletana. E qui lo scontro campanilistico si accende. Perché se è pacifico che la prima ricetta delle lasagne al pomodoro è del 1881, contenuta nel Principe dei cuochi o la vera cucina napolitana di Francesco Palma, è ormai accertato che pure gli antenati della lasagna odierna sono assai più partenopei che emiliani. Nel Liber de coquina, di epoca angioina (siamo all’inizio del XIV secolo), si parla infatti di lasagne lessate e poi condite, strato dopo strato, con formaggio e spezie. Nel 1634 Giovanni Battista Crisci, nel 1634, pubblica a Napoli il libro La lucerna de corteggiani, che contiene la ricetta delle “lasagne di monache stufate, mozzarella e cacio”, la prima in cui le lasagne vengano farcite con un latticino a pasta filata e quindi passate al forno. Mentre il re borbone Ferdinando II era chiamato anche “re lasagna” per la sua smodata passione per questo piatto.

L’affermazione della Lasagna napoletana…

Qual è la verità? Con ogni probabilità, dopo l’Unità d’Italia, potrebbe essere stata la spinta propulsiva napoletana ad aver fatto rinascere questo piatto, che non a caso verrà trascurato dal romagnolo Pellegrino Artusi nella sua Scienza in cucina (1891). E verrà invece lestamente codificato da alcuni ristoratori bolognesi all’inizio del ‘900. Prima della definitiva affermazione su scala nazionale grazie a Paolo Monelli e al suo Ghiottone errante (1935).

e di quelle verdi bolognese

Significativo, poi, il fatto che l‘Accademia italiana della cucina abbia depositato presso al Camera di commercio felsinea (2003) la ricetta delle lasagne verdi alla bolognese, e non di quelle “bianche”. Queste si preparano con ragù classico bolognese, Parmigiano Reggiano, besciamella, burro e sfoglia verde preparata con spinaci. Mentre le lasagne napoletane, piatto tipico di carnevale, si preparano con ragù napoletano, polpettine, ricotta vaccina, provola, pecorino, olio extravergine d’oliva e sfoglia, rigorosamente “bianca”.

Le versioni in tutta Italia

Ogni regione, poi, ha creato le proprie varianti a suo “uso e consumo”: nelle zone di montagna, ad esempio, spesso il ragù viene sostituito dai funghi. In Liguria, dal pesto; e in Veneto dal radicchio rosso di Treviso. In Umbria e nelle Marche esiste una particolare versione, i vincisgrassi, in cui il ragù è arricchito con rigaglie di pollo o carne di maiale; nelle zone appenniniche invece il ragù è sostituito da un ripieno di funghi porcini, tartufo e pecorino. In Sicilia c’è poi la versione “alla Norma”, con melanzane fritte e in Sardegna le ottime lasagne sarde fatte con pane carasau.

Buon appetito

Domenico di Catania

Food Consultant

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