Italiani al ristorante: il libro che racconta dei clienti cafoni

Stare accanto a un cliente cafone al ristorante, fa andare la cena di traverso. Tra i popoli più cafoni i francesi, e gli italiani?

Clienti al ristorante

S’incontrano sempre più spesso. Sembrano usciti dalle tane dove si erano nascosti. Un libro di un ex cameriere ne inquadra i difetti. Sono persone arroganti, spesso arricchite ma senza cultura. Pensano di essere superiori, per la carica istituzionale o per la disponibilità di denaro. Stare loro accanto fa andare la cena di traverso. Tra i popoli più cafoni i Francesi, gli Italiani solo ottavi.

Italiani al ristorante: cafoni o aspiranti signori?

Il cliente cafone al ristorante si riconosce quando fa il suo ingresso. Non passa inosservato, né lui, né chi lo accompagna. Peggio se sono una famiglia o un gruppo di amici e colleghi. Non lo descriverò esteticamente perché a volte può celarsi dietro abiti che ne nascondono l’indole. Anche se spesso l’abito fa il monaco, in questo caso bastano pochi minuti di osservazione perché il cafone emerga. Una camicia di marca sbottonata fin troppo sul petto villoso, un abbinamento improprio di colori, perché l’armocromista non rientra tra le sue frequentazioni, svela il cafone.

Se non fanno parte della categoria degli “aspiranti signori”, si vestono con la tuta da palestra o abiti talmente griffati che i marchi sono ovunque, sui calzini, sulle scarpe, sulla cintola e sulla felpa. La donna al loro fianco ha le unghie lunghe laccate con i colori più trash dell’intero set di smalti: il giallo paglierino, il verde smeraldo, l’azzurro cielo che messi sulle unghie descrivono subito il livello e il gusto di chi le indossa. Indossano ciglia finte che si vedono a cento metri, rossetti marcati su labbra “a canotto”. Hanno catene, anelli e braccialetti d’oro o di finto oro. Si esprimono spesso in gergo dialettale. La cosa li rende oltremodo ridicoli.

Il libro di un ex cameriere mette a nudo i clienti cafoni

Enrico Galiano ha fatto il cameriere per più di dodici anni. Il suo libro “Italiani al ristorante. L’Italia a tavola raccontata da un cameriere” parla proprio di come siamo noi a tavola nel ristorante. Il cameriere impara presto a guardare e a capire chi ha di fronte. È allenato a osservare i dettagli e cercare di ricostruire le biografie, le storie e le identità dei clienti che deve servire. Il libro è un ritratto degli Italiani (maniacali, cafoni o viziati) visti dagli occhi di un cameriere, ossia di chi sa tenere i vassoi in equilibrio, sa sorridere anche quando vorrebbe urlare, sa che il cliente avrebbe sempre ragione, anche se non è così. Solo che bisognerebbe avvisarlo quando sbaglia e sono pochi i ristoratori o i camerieri che sanno farlo.

Parla delle coppie. Quelle fresche o clandestine, sono gentili tra loro e lo sono anche col cameriere. Quelle consolidate già comunicano poco entro la coppia e parlano a grugniti con gli altri. C’è un astio reciproco che si taglia col coltello e lo si avverte intorno. Trasmettono la loro cafonaggine ai vicini.

Nelle ordinazioni gli Italiani sono estremamente creativi

Come ogni italiano ha il suo modo di bere il caffè: al vetro, macchiato caldo o freddo, corto lungo, corretto, ecc.. anche riferendosi al menù da ordinare hanno le variazioni da fare: più questo, meno quello, con la mozzarella solo su metà pizza o con il pomodoro ma senza sale. La pasta con un sugo senza cipolla, senza aglio, con meno sale, con più carne, con il guanciale ma non troppo cotto, più al dente, meno al dente… Per non parlare delle persone a dieta. Impossibili da gestire.

Tutto le ingrassa. La pasta ingrassa, il grasso ingrassa, lo zucchero ingrassa, il sale ingrassa. In pratica vorrebbero ordinare ma hanno solo loro nella loro testa quello che vorrebbero. Il cameriere avrebbe una semplice risposta: “Che ci sei venuta a fare al ristorante? Vai in una clinica per dimagrire.” Poi magari ordina una Coca e mangia i grissini al posto del pane, non sapendo che la prima contiene zucchero pari a sei cucchiaini a bottiglia e i grissini si fanno con il burro e sono più ingrassanti di una fetta di pane.

Il cafone parla sempre ad alta voce, ride in maniera sguaiata

Il cameriere scopre il cafone appena parla: sempre a voce alta! Ride in maniera sguaiata, vuole far notare che è divertito, al settimo cielo, sicuro di sé. Il cafone, se ha prenotato cambia il tavolo per uno più in vista, altrimenti vuole quello riservato da altri. Fa il simpatico e non lo è. Non gli riesce. I sorrisi di circostanza dei camerieri lo illudono in tal senso, l’acquiescenza di compagne e amici pure. Ma trasuda volgarità dai pori.

Una volta seduto al tavolo appoggia i due o tre telefoni cellulari sulla tovaglia bianca. Ci aggiunge gli occhiali da sole Persol e le chiavi della Bmw. Che si vedano bene. Ha l’orologio in bella vista sul polso destro. Vuole imitare l’avvocato ma lo fa in modo maldestro, con un orologio che è più pacchiano che elegante e peggiora le cose. Viene subito in mente la parodia del personaggio di successo. Un pagliaccio. Il cafone ordine le pietanze più care, i vini più cari o, peggio, quando non ha i soldi a sufficienza, mangia bevendo Coca Cola o altre bibite gassate dolci. Niente di più sbagliato sia sotto il profilo gastronomico che salutare.

Il cafone tratta con superficialità la compagna. Per lui mogli, fidanzate, amanti o figli sono proprietà scontate, che gli devono obbedienza. Ama mettersi in mostra, dire battute volgari che non fanno ridere, si alza per rispondere al telefono camminando verso l’uscita quando va bene, oppure risponde ostentatamente seduto al suo tavolo. Dà fastidio. Se il cameriere chiede cortesemente che esca per non dare fastidio, lo aggredisce.

I più maleducati di tutti? I francesi. Gli Italiani fuori dal podio

Skyscanner, un sito di viaggi fa fatto una ricerca su milioni di viaggiatori per stabilire quale sia la popolazione più maleducata. Sono gli stessi viaggiatori che si sono espressi su sé stessi e sui loro vicini di altre nazionalità.

Dal sondaggio risulta che gli Italiani rientrano nella Top 10 ma dopo Francesi e Tedeschi. Chi l’avrebbe mai sospettato? I primi sono proprio i transalpini. La loro fama di lamentosi è confermata dal giudizio di chi ha viaggiato e pranzato con loro.

Secondi sono i Russi. Aggrava la lor posizione il fatto di essere molto ricchi e molto ignoranti in materia di gastronomia, enologia e buone maniere. I russi sono ambiti perché spendono molto e lasciano laute mance ma da tutti gli operatori di ristoranti e alberghi sono spesso disprezzati proprio per la cafoneria che dimostrano a tavola.

Al terzo posto gli Inglesi. Hanno sempre voglia di far festa e quando si trovano al di fuori dei loro confini allentano i freni inibitori.  Lo si vede anche con gli ultras delle squadre di calcio.

Quarti i Tedeschi che si comportano come gli Inglesi lontano da casa, specie se si ubriacano.

Al quinto posto vanno messi i Cinesi e subito dopo gli Americani. Sanno come farsi notare e pensano che siccome pagano, tutto debba essere loro permesso. 

Settimi sono gli Spagnoli che negli ultimi dieci anni sono molto migliorati, acquisendo una conoscenza gastronomica invidiabile, grazie alla loro ristorazione in grande sviluppo e all’ansia di apparire migliori degli altri europei che li hanno sempre snobbati.

Solo ottavi sono gli Italiani che però andrebbero suddivisi in base alla provenienza regionale o cittadina. Essere ottavi tra i più cafoni al mondo non è proprio una bella posizione, comunque.

Dopo gli Italiani figurano i Polacchi e i Turchi. Mentre quasi tutte le popolazioni scandinave confermano la lor cordialità e buona educazione piazzandosi dopo il ventesimo posto. I Giapponesi sono al numero 24, prima dei Danesi e dei Canadesi.

Evitare di comportarsi da cafoni

La prima regola è avere rispetto per gli altri. Restare nei propri spazi significa non invadere quelli altrui che non sono solo logistici ma anche sonori, piscologici, aerei. Non gridare, non odorare troppo né con i profumi né con il sudore, non attirare l’attenzione con gesti, abbigliamenti, azioni discutibili. Ma non sono cose facili da imparare se non le si sono praticate fin dalla tenera età. Apprendere le buone maniere si può fare solo imitando chi le pratica. Una persona corretta, per esempio, avvisa il ristorante se arriverà in ritardo rispetto alla prenotazione. Significa averte rispetto per gli altri che stanno lavorando anche per noi. Questa norma vale se il ritardo supera il quarto d’ora. Ugualmente, anzi di più, occorre avvisare se si annulla la prenotazione e quanto prima lo si farà tanto meglio sarà per il ristoratore che potrà riassegnare il tavolo ad altri.

Applicare le regole del buon senso e della buona educazione

Una persona rispettabile quando entra nel ristorante cerca un maître o un cameriere al quale chiedere un tavolo per sé e per quanti lo accompagnano, e non va a sedersi dove più gli aggrada. Il cliente di riguardo non lascia il tavolo in disordine. Intendo per questo con briciole, macchie di vino o posacenere rovesciato o, peggio, con le cicche nel bicchiere. Non sarà una tovaglia intonsa come all’inizio ma sporcarla non è segno di buona educazione. Il cliente perfetto saluta quando esce dal ristorante come ringrazia il cameriere quando gli consegna il conto e gli restituisce il resto. Lascia una mancia adeguata, attorno al 10%. Ma se si trova in un paese asiatico, deve sapere che le mance per loro sono un’offesa. I camerieri asiatici pensano che il loro lavoro e servire al meglio professionalmente, e una mancia suona come un‘offesa.