La Passione di Gesù nel vangelo di Luca

La Domenica delle Palme

Siamo alle soglie della Settimana Santa che si aprirà con la Domenica delle Palme, caratterizzata dall’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme cavalcando un puledro d’asina tra il coro festante dei bimbi ebrei che sventolano i rami di ulivo mentre Gesù entra nella città santa; la folla è tutta osannante al Figlio di Davide, al Messia tanto atteso, mentre scribi e farisei manifestano tutto il loro disagio per questo bagno di folla tributato al Nazareno. Questo ingresso solenne, tuttavia, è il preludio alla Passione e Morte del Signore: infatti, il vangelo della Santa Messa delle Palme è il racconto della Passione di Gesù, secondo l’evangelista Luca (Lc. 22, 14-23, 56).
E’ ovvio che non potremo commentare tutto il lungo racconto della Passione di Gesù (dovremmo commentare due capitoli interi, composti di centotrenta versetti: una fatica enorme che richiederebbe una pazienza infinita da parte del lettore benevolo), per cui ci limitiamo a fare alcune osservazioni generali su questi racconti della passione e mettendo a fuoco solo qualche episodio più significativo.

Osserviamo subito fin dall’inizio che il posto che essi occupano nei vangeli è sproporzionato rispetto agli episodi della vita pubblica di Gesù, e questo perché fin dall’inizio costituiscono una unità indissolubile con la Risurrezione. La passione e la morte di Gesù non vennero considerate come un intermezzo sfortunato prima della Pasqua di Risurrezione, ma come una luce e una ricchezza: frutto della Passione, la gloria del Risorto rivela il valore del suo sacrificio e manifesta che la Passione non è stata una sconfitta, bensì un combattimento vittorioso. I cristiani hanno gelosamente conservato e approfondito la Passione di Gesù, come testimoniano eloquentemente la lunghezza e la qualità dei racconti evangelici.
Inoltre, i racconti della Passione costituiscono un insieme coerente, solidamente articolato: abbiamo motivo di ritenere che questa parte finale dell’esistenza di Gesù sia stata ben presto oggetto di un interesse del tutto particolare e che sia stata considerata come un tutto organico e coerente. Pare che, nella tradizione della chiesa primitiva, sia nato prestissimo un racconto della Passione, o uno schema che ne fissava le linee essenziali.

Pur essendo opera di molti, la tradizione non è il prodotto incontrollabile di una collettività disorganizzata: essa si fonda sulla testimonianza apostolica e viene espressa da discepoli pienamente autorizzati e la cui fedeltà al messaggio non è un ostacolo alla realizzazione di un’opera personale. Conosciamo le preoccupazioni dell’evangelista Luca come storico e scrittore che lo spingono al rendiconto dello svolgimento dei fatti, che ne fanno un narratore imparziale ed obiettivo. Tuttavia, ciò non toglie che il suo è il racconto di un discepolo che rivive la storia del suo maestro, sottolineando soprattutto l’innocenza di Gesù e omettendo alcuni particolari offensivi o crudeli. Per il discepolo, la Passione è anche un invito a seguire Gesù sulla strada della croce.
Presentiamo ora lo schema generale della Passione di Gesù: tra l’arresto all’inizio (Lc. 22, 47) e la sepoltura alla fine (Lc. 23, 50), s’inseriscono il processo giudaico (Lc. 22, 66), il processo romano (Lc. 23, 1) e l’esecuzione della sentenza mediante il supplizio della croce (Lc. 23, 33).

L’arresto di Gesù (Lc. 22, 47). Notiamo alcune sfumature nel modo in cui Luca parla di Gesù: non ha il coraggio di dire che il traditore ha baciato Gesù e utilizza una formula indiretta (“si avvicinò a Gesù per baciarlo” v. 47); evita anche di insistere sul fatto della cattura (“dopo averlo catturato” v. 54); attenua tutto ciò che costituisce un brutale attentato alla dignità umana di Gesù: nelle scene degli oltraggi non parla di schiaffi e né di sputi e non fa cenno esplicito alla flagellazione o alla coronazione di spine. Luca, invece, si sforza di mettere in luce la grandezza morale di Gesù: nella frase rivolta a Giuda, così forte nella sua sobrietà (“Giuda con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo” 22, 48); mostra i discepoli coscienti dell’autorità del maestro e ripara positivamente il danno causato da uno di loro con la spada al servo del sommo sacerdote (“E toccandogli l’orecchio, lo guarì” 22, 51).

Il processo da parte dei giudei (Lc. 22, 66). Anzitutto ritroviamo i due elementi specifici dell’evangelista Luca: l’atteggiamento del discepolo di fronte al processo di Gesù e l’attenzione posta sulla persona di Gesù. Istintivamente si è portati a rinnegare la propria solidarietà con Gesù prigioniero: Pietro afferma di non conoscerlo. Luca insiste meno, rispetto a Marco e a Matteo, sulla colpa di Pietro: non accenna ad alcun giuramento. La narrazione del suo pentimento, suscitato da uno sguardo del Signore che si volge verso di lui (v. 61), rivela il segreto di ogni conversione generosa. Anche il lettore cristiano è invitato a seguire la Passione del suo Salvatore con i sentimenti del peccatore convertito. In occasione dell’interrogatorio, l’attenzione è focalizzata unicamente sulla rivelazione della persona di Gesù. La proclamazione della filiazione divina non è giudicata una bestemmia, né viene riportata la formula di condanna. In nessuna parte si dice che Gesù sia stato condannato. Luca si limita ad osservare che, dopo le parole di Gesù, le autorità giudaiche si ritengono dispensate da ogni altra testimonianza e conducono Gesù dinanzi a Pilato.

Il Calvario (Lc. 23, 33-56). Ancora di più, Luca narra il vangelo del discepolo: Simone di Cirene e le pie donne sono esempi che stimolano il cristiano ad associarsi sempre più intimamente alla Passione del suo Salvatore. Le parole di Gesù che rivolge alle donne di Gerusalemme contengono un invito alla vera conversione. Sul Calvario, al discepolo che lo contempla, Gesù offre l’esempio del perdono delle offese: si tratta della pratica dimostrazione di osservanza del precetto di amare i nemici, su cui Luca aveva particolarmente insistito nel redigere il suo Vangelo. Nell’episodio del buon ladrone che riconosce l’innocenza di Gesù, Luca proclama l’efficacia del sacrificio di Gesù: la sua croce trasforma il mondo provocando la conversione delle anime e aprendo loro la porta del cielo: “Oggi sarai con me in Paradiso” (v. 43). Morendo, Gesù dà l’esempio di un perfetto abbandono alle mani di Dio. Fino all’ultimo istante, dunque, Luca insiste sull’esempio dato da Gesù: l’esclamazione del centurione esprime allora la persuasione che “questo uomo era giusto” (v. 47).

Il cristiano non fugge la realtà dolorosa e umiliata del mondo presente; la sua fede non lo solleva al di sopra del reale. Il cristiano si sforza, giorno dopo giorno, di raggiungere, nella realtà umile e sconcertante della sua vita, l’intervento segreto ma decisivo di Dio: “è necessario entrare nel regno dei cieli passando per molte tribolazioni”, ci ricorda Luca nel libro degli Atti; “non si va in Paradiso in carrozza”, dicevano i nostri nonni.

Bibliografia consultata: Vanhoye, 1972.

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