Olio e vino, quale tra i due è più importante per la nostra alimentazione?

Siamo disposti a spendere anche 100 euro per una bottiglia di vino da bere in una serata e fatichiamo a spendere 10 euro per una bottiglia di olio evo che durerà giorni

Olive raccolte su una mano

Ad alcuni amici abbiamo posto la domanda che giriamo chiaramente anche a tutti i nostri lettori. Vale la pena ogni tanto soffermarci su riflessioni come questa: cosa sia necessario e cosa invece superfluo nelle nostre abitudini alimentari.

Siamo tutti pronti all’acquisto di una meravigliosa bottiglia di vino per impressionare gli amici o fare colpo sulla persona amata. Diversamente penso che è raro che qualcuno si sia presentato a una festa di gala, a un compleanno con in mano una bottiglia di olio extra vergine d’oliva, o sbaglio?

E durante l’acquisto di una bottiglia di olio ci siamo mai chiesti quanto amore, quanta passione, quanta fatica c’è dietro alla raccolta di olive, e alla loro trasformazione in olio extra vergine d’oliva. Penso mai.

Al contrario siamo pronti ad assimilare qualsiasi informazione quando si parla di vino, basti vedere quanti meeting, manifestazione e seminari si fanno annualmente a livello mondiale intorno a questo fantastico mondo colorato e profumato.

Le sensazioni assorbite durante una degustazione di vino sono chiaramente diverse da una degustazione di olio extravergine d’oliva, ma non per questo devono essere per forza meno importanti o superficiali.

Il vino per taluni viene considerato una indispensabile superfluità, berlo rimane una esperienza unica, diversa per ogni tipo di vino degustato, ma quanto può esser indispensabile il vino?

Già qui sta il punto, il vino lo si beve e alla fine ci si sente sereni, contenti, felici, ammalia gli occhi con i diversissimi colori e sfumature e al naso offre profumi fruttati, floreali, empireumatici e al palato sensazioni uniche tra morbidezze e durezze.

Dal canto suo, come può gareggiare l’olio con tutte queste sensazioni?

L’olio extra vergine d’oliva, diversamente dal vino, ha delle proprietà antinfiammatorie uniche, capace di offrire dei benefici esclusivi, quali la protezione dell’apparato digerente, del cuore, del fegato e per ultimo risulta essere un ottimo anti-tumorale.

Ma, nel momento in cui si va ad acquistarlo, facciamo attenzione al prezzo, sia mai che andiamo a spendere più di dieci euro per un litro d’olio.

Siamo disposti ad acquistare una bottiglia di vino da 0,75 spendendo talvolta anche 100 euro e berlo in una serata tra amici e facciamo fatica a spendere 10 euro per una bottiglia di olio evo che durerà in casa per diversi giorni.

Ecco perché oggi vogliamo postare una riflessione dell’amico frantoiano Antonio Genovesi, il quale alcuni giorni fa ha partecipato a Roma ad una MasterClass organizzata da Arsial e dall’Università di Tor Vergata presso la Facoltà di Lettere e Filosofia.

Ieri mattina mi sono recato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Tor Vergata a Roma per una interessante Masterclass organizzata dall’ARSIAL e dall’Università medesima dal titolo: La Viticoltura autoctona e il capitale enogastronomico nello sviluppo turistico territoriale, con relatori i tecnici ARSIAL Di Giovannantonio e Pica e il Prof. Ernesto Di Renzo docente di “Antropologia del Turismo”.

La domanda nasce spontanea, quali elementi entrano in connessione tra l’enogastronomia, i vitigni autoctoni e l’olio di oliva? Me lo sono chiesto anch’io e per questo motivo ho partecipato alla masterclass dove ho avuto modo di ascoltare, comprendere, capire, e chiaramente modulare le varie tecniche di comunicazione.

Tra le varie discussioni effettuate, sono rimasto particolarmente colpito dall’intervento del Prof. Di Renzo che ad un certo punto del suo intervento ha definito il vino come una “indispensabile superfluità“.

Ascoltando ciò mi sono posto la domanda, come mai del vino così definito “indispensabile superfluità” non possiamo farne a meno sulle nostre tavole, mentre dell’olio extravergine di oliva che è il principale ingrediente di tutta la cucina e la dieta mediterranea invece sì, penalizzando i nostri piatti scegliendo tra gli scaffali olii appena sufficienti a superare le minime analisi chimiche necessarie per individuare la sua classificazione merceologica?

Probabilmente la risposta è nella nostra storia e nei millenni di cultura culinaria che abbiamo sulle nostre spalle, perché al termine della Masterclass mi è venuta in mente che fino alla seconda metà del 1900 abbiamo prodotto olii con le stesse tecniche che usavano i greci ed i romani più di 2000 anni fa, successivamente tra il 1970 e il 1980 il mondo dell’elaiotecnica è stato rivoluzionato dall’introduzione dei frantoi continui.

Tuttavia questi primi frantoi, per produrre le stesse quantità di olio prodotti con le vecchie tecniche avevano bisogno di lavorare a temperature abbastanza elevate, producendo di fatto olii molto simili a quelli dei frantoi discontinui.

Questa costante produzione con determinate qualità organolettiche, durata per millenni ha di fatto formattato i nostri gusti. Oggi invece, grazie ad una maggiore conoscenza delle varie fasi agronomiche, dalla cura necessaria nella raccolta e manipolazione dei frutti all’utilizzo delle migliori tecniche estrattive, produciamo olii aventi caratteristiche organolettiche talmente particolari da essere catalogati come fuori gusto.

In pratica è come se il consumatore del XX secolo non riconoscesse in questi nuovi olii il prodotto olio extravergine di oliva.

Ma l’olio, nella cucina mediterranea non deve essere considerato come una indispensabile superfluità anzi, deve essere considerato come l’ingrediente primario.

Ma di quale olio stiamo parlando??? Di quello prodotto con le tecniche degli ultimi 2000 anni o di quello prodotto con le tecniche degli ultimi 20 anni? Già, e tutto ciò è sufficiente per far comprendere al consumatore medio che questo nuovo prodotto così profumato, a volte abbastanza amaro, a volte piccante, è un olio extravergine di oliva, ovvero è un succo di frutta particolarmente necessario alla nostra salute e capace di offrire gusto ed armonia alla nostra cucina?

Questo è il vero muro e dilemma comunicativo da abbattere nei prossimi anni, per far comprendere a tutto il mondo che gli olii extravergini di oliva che si producono oggi con le loro positive caratteristiche olfattive e il loro essere amari e piccanti sono i veri nuovi olii extravergini di oliva.

Queste caratteristiche primarie, riconoscibili da chiunque si soffermi ad annusare ed assaggiare l’olio evo, sono gli indici positivi salutistici capaci di consentirci un risparmio economico in quanto, olii di questo tipo vanno dosati nell’utilizzo e non abusati, ne bastano poco gocce per dare più gusto alle nostre pietanze ed alla nostra salute“.

Termino ringraziando per la sua testimonianza Antonio Genovesi, titolare dell’azienda agricola che porta il suo nome, a Boville Ernica (Frosinone), olivicoltore esperto, produttore di olii extravergini d’oliva. Titolare anche del Museo dell’Olio e dell’Olivo nel centro storico di Boville Ernica, uno dei pochi musei visitabili rimasti a livello nazionale, dove si possono trovare testimonianze uniche: un frantoio oleario del 1952 e altri manufatti della cultura olivicola e agricola ciociara, oltre a una piccola biblioteca agricola aperta, liberamente consultabile, con testi che vanno dai primi anni del 1900 ai nostri giorni.

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