Prospettare azioni giudiziarie non integra il reato di minaccia

Pertanto poteva logicamente ritenersi riferita all’esercizio di nuove azioni giudiziarie non implicanti un danno ingiusto in quanto costituenti esplicazione di un diritto

La Cassazione penale, sez. V, sentenza 26/09/2017 n° 44381 ha stabilito che l'espressione “ve la farò pagare”, proferita in un contesto caratterizzato da forti tensioni fra dichiarante e destinatari, nonché da pregresse plurime denunce reciproche, non integra l'elemento materiale della minaccia, in quanto può essere ragionevolmente interpretata come riferita all'esercizio di azioni giudiziarie, la cui prospettazione, attraverso la generica espressione in questione, non implica un danno ingiusto afferendo all'esplicazione di un diritto.

La Corte di Cassazione ha stabilito che: elemento essenziale nel reato di minaccia è la limitazione della libertà psichica, mediante la prospettazione del pericolo che un male ingiusto, deducibile dalla situazione contingente, possa essere cagionato dall'autore alla vittima, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente nella vittima medesima; nel caso sottoposto alla Corte tale espressione era stata usata in una situazione concreta contingente nell'ambito della quale era stata proferita, caratterizzata da forti tensioni tra le parti e da pregresse reciproche azioni giudiziarie. Pertanto poteva logicamente ritenersi riferita all'esercizio di nuove azioni giudiziarie non implicanti un danno ingiusto in quanto costituenti esplicazione di un diritto.

Avvocato Lara Caschera

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