Religione, Pasqua di risurrezione

di Il capocordata

Il primo giorno della settimana…” (Gv. 20, 1). Questo primo (“uno”) giorno è in realtà “il terzo giorno”, con un riferimento evidente ai giorni precedenti della morte e sepoltura di Gesù. Il giorno precedente, il 15 di Nisan, coincideva con il sabato solenne della Pasqua giudaica (pesah) di cui in Gv. 19, 42 è annunciata la preparazione a conclusione del racconto della passione che colloca la morte di Gesù il 14 di Nisan, mentre i giudei stavano preparandosi alla celebrazione della festa con l’uccisione degli agnelli. L’espressione “giorno uno” vuole forse sottolineare che Dio ha creato il giorno (Gen. 1, 5) come inizio assoluto del tempo nella regolare alternanza di giorni e di notti. La risurrezione risulta collocata sotto il segno della creazione. La risurrezione segna la fine del tempo ed esprime la salvezza in termini di creazione, anzi di creazione finalmente realizzata. In questo senso la domenica cristiana, giorno del Signore risorto, è chiamata anche “ottavo giorno”, rispetto al giorno precedente, lo “sabbat”, che era il settimo giorno della settimana giudaica.

Il sepolcro vuoto

“Maria di Magdala…vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro” (v. 1). Maria è così presa dall’amore per Gesù che corre al sepolcro quand’era ancora buio: l’evangelista ci vuol far capire che Maria è ancora nelle tenebre, perché continua a credere che la morte abbia trionfato su Gesù.“Allora corre, e va da Simon Pietro e da quell’altro discepolo che Gesù amava” (v. 2). Certo è che essa non pensa ad una risurrezione, le sue parole esprimono solo smarrimento: “hanno portato via il Signore dal sepolcro”. La corsa di Maria Maddalena verso Pietro per annunciargli che il sepolcro è vuoto, corrisponde ad una tradizione molto antica. I quattro vangeli testimoniano non soltanto il ruolo delle donne e specialmente di Maria Maddalena, nel mattino di pasqua, ma anche il posto speciale di Pietro nella nascita della fede pasquale.

All’annuncio di Maria Maddalena, Pietro uscì e si recò al sepolcro, vi “entrò e vide le bende per terra e il sudario” (v. 6). E’ una vera constatazione, che non soltanto autentica la testimonianza di Maria Maddalena riguardo al sepolcro vuoto, ma soprattutto esclude come impossibile, data la presenza e la disposizione delle bende funebri, l’ipotesi di una rimozione del corpo da parte di qualcuno, magari del giardiniere (20, 15). La punta polemica è qui percettibile e testimonia lo stadio della tradizione in cui si è voluto rispondere agli attacchi di coloro che accusavano i discepoli di Cristo di aver fatto sparire il corpo di Cristo o di aver ordito una frode.

La corsa dei due discepoli

Pietro e l’altro discepolo, avvisati da Maria Maddalena, uscirono e si diressero verso il sepolcro. “Correvano insieme tutti e due” (v. 4), stimolati dalla inquietudine, spinti dall’amore e dalla venerazione. Perché due discepoli? La presenza di almeno due testimoni e la concordanza perfetta della loro testimonianza corrispondeva all’esigenza della legge giudaica. In più, è presente il motivo ecclesiale: il quarto vangelo vuole definire il ruolo svolto da Pietro e dal discepolo che Gesù amava alle origini della fede pasquale.

Perché sorpassa Pietro? Non solo perché è più giovane e più svelto, ma perché è il discepolo che Gesù amava: egli è accanto a Gesù nell’ultima cena e vicino a sua madre sul Calvario; alla pesca miracolosa riconosce per primo il Signore risorto. Arrivato per primo, non è entrato nel sepolcro se non dopo l’arrivo di Pietro e dopo di lui. L’evangelista, nel rispetto della dignità di Pietro e dei dati tradizionali (Lc. 24, 12), evidenzia il privilegio del discepolo che Gesù amava.

“Vide e credette” (v. 8). Il discepolo amato da Gesù, una volta entrato nel sepolcro, vide ciò che Pietro stava osservando e che lui stesso arrivando aveva compreso: la presenza delle bende, l’ordine che regnava nel sepolcro, escludevano l’ipotesi di un trafugamento del corpo. Allora credette. Alla vista del sepolcro vuoto, delle bende e del sudario, il discepolo prediletto crede che Gesù è risorto per davvero. Come era arrivato per primo al sepolcro, così giunge per primo alla fede pasquale; e questo proprio in forza di quell’amore privilegiato di cui era stato oggetto. Maria di Màgdala e i discepoli non hanno ancora compreso la Scrittura, ad eccezione del discepolo che Gesù amava che, entrando nel sepolcro, “vide e credette”. La fede pasquale non raggiunge la sua pienezza e la sua verità totale se non quando si completa e si perfeziona nell’intelligenza del disegno divino rivelato nella Scrittura. Questa intelligenza del disegno divino anticipa, fin dal primo indizio, l’intuizione del discepolo amato da Gesù. Il piano di Dio si disvela a questo discepolo, che pure non ha ancora veduto il Signore risorto. E il discepolo amato da Gesù ottiene la beatitudine della fede.

Il sepolcro vuoto diventa un memoriale aperto. Scoprendo il sepolcro vuoto, il discepolo amato “cominciò a credere”, ma questa fede embrionale non può essere assimilata alla fede piena dello stesso discepolo quando, alla vista di Gesù stesso, apparso risorto sulla riva del lago, esclamerà: E’ il Signore” (21, 7). La Pasqua ci parla di un vuoto, un vuoto carico di senso e di significato, ma davvero difficile da tradurre non solo in parole, ma anche in una dinamica che possa accendere nel nostro sguardo un’immagine concreta che sia di sostegno alla comprensione intelligente e alla memoria. Si deve ricorrere alle simbologie e ai segni per raccontare un evento che esce dalle dinamiche concrete della storia e delle esperienze degli uomini. Un sepolcro vuoto è garanzia della fede. Ma al tempo stesso il vuoto della presenza sembra disorientare. C’è bisogno di entrare in relazione con Cristo risorto, che sfocia in una testimonianza gioiosa: Buona Pasqua!                                      

Bibliografia consultata: Nason, 2017; Toffolon, 2017; Mollat, 1970.

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