Riforma giustizia Cartabia: cosa prevede il progetto di legge sui processi penali

Vediamo nel dettaglio cosa prevede la riforma della Giustizia Cartabia e quali potrebbero essere le novità in caso di sua approvazione

Tribunale, la Legge è uguale per tutti

Tribunale di giustiza

Riforma della giustizia Cartabia. Partendo dal testo del disegno di legge in esame alla Camera, aggiornato al 16 luglio 2021, con i correttivi approvati dal Consiglio dei Ministri del 29 luglio, facciamo il punto sulle novità.

Cosa prevede la riforma della giustizia Cartabia?

Per farsi un’idea di quali sono le modifiche contenute nel Disegno di Legge delega è opportuno partire dal testo ufficiale ora all’esame della Commissione Giustizia alla Camera, anche alla luce delle modifiche approvate al Consiglio dei Ministri del 29 luglio 2021.

La riforma della giustizia Cartabia, o meglio il pacchetto di emendamenti al progetto di revisione attuato dall’ex Ministro Bonafede, con lo scopo di alleggerire il carico di processi penali, introdurrebbe un limite alla loro durata, che per alcuni potrebbe mettere a rischio l’esito delle cause attualmente in corso.

La spinta a proseguire l’iter di approvazione del testo, fermo da più di un anno nel primo ramo del Parlamento, arriva dall’Europa.

Nell’ambito del Next Generation EU, all’Italia è richiesto di presentare un pacchetto di investimenti e riforme, l’ormai noto Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) da cui prendono le mosse, tra l’altro, anche i progetti di riforma fiscale e della giustizia tributaria.

Per quanto riguarda il sistema giudiziario, il PNRR tra gli obiettivi prefissati ha proprio quello di rendere più efficiente il processo penale italiano e di accelerarne i tempi di definizione.

Ma andiamo a vedere, più nel dettaglio, cosa prevede questa riforma e quali potrebbero essere le novità in caso di sua approvazione nell’attuale formulazione.

Cosa prevede il progetto di legge che semplifica i processi penali

L’Atto Camera numero 2435 così come modificato dagli interventi dell’attuale Governo, va, in estrema sintesi, ad incidere principalmente sugli aspetti che secondo i promotori rallentano i processi penali e ne aumentano il carico.

Si tratta, per esempio, di quelli relativi alla prescrizione e alla ragionevole durata dell’impugnazione.

La riforma della giustizia Cartabia conferma che la prescrizione del reato resti bloccata dopo la sentenza di primo grado, sia di condanna che di assoluzione (art. 14 del DdL), senza modifiche rispetto alla disciplina attuale.

Ciò che si vorrebbe cambiare, al contrario, è il decorso successivo alla pronuncia.

Viene infatti introdotto un limite di tempo massimo del giudizio d’Appello e di Cassazione, trascorso il quale l’azione penale viene dichiarata improcedibile (art. 14-bis DdL).

I limiti temporali sono così stabiliti:

  • due anni per il giudizio d’Appello. Per i primi tre anni dall’entrata in vigore della riforma, la durata massima viene prorogata per un altro anno (regola approvata al Consiglio dei Ministri del 29 luglio 2021);
  • un anno per il giudizio in Cassazione, prorogato ad altri sei mesi per i primi tre anni di vigenza della riforma sempre in base al le proposte del Governo del 29 luglio.

Ma attenzione, la regola non si applicherebbe ai reati non soggetti a prescrizione puniti con la pena dell’ergastolo.

Per i reati gravi o per i procedimenti ritenuti molto complessi, il termine per l’improcedibilità può essere prorogato ulteriormente dal giudice, mentre per i reati con aggravanti di associazione di stampo mafioso la proroga non potrebbe superare i tre anni.

Infine, gli imputati possono comunque rinunciare all’improcedibilità e richiedere che venga pronunciata una pronuncia definitiva nei loro confronti.

Queste disposizioni troverebbero una diversa modalità di applicazione a seconda della fase in cui si trova il procedimento al momento dell’eventuale entrata in vigore della legge. Ovvero:

  • per i procedimenti per cui ancora non si è arrivati al secondo grado di giudizio, le regole sull’improcedibilità interesserebbero i reati commessi dal 1° gennaio 2020 in poi;
  • per i procedimenti per cui già si sta svolgendo il giudizio di secondo o terzo grado, i termini massimi di durata decorrerebbero dalla data di entrata in vigore della legge.

Le modifiche proposte sulle indagini preliminari

Sempre al fine di alleggerire il carico processuale, la riforma ora in fase di elaborazione dovrebbe, non solo abbreviare i procedimenti ma anche diminuire ab origine la cause intraprese.

In buona sostanza, il Pubblico Ministero, una volta terminata fase strumentale al processo – le indagini preliminari – prima di richiedere il rinvio a giudizio dovrebbe valutare che sussistano, in capo all’indagato, elementi che facciano presagire una “ragionevole previsione di condanna” (art. 3 del DdL lettera b).

Inoltre, sempre in un’ottica deflattiva, si intende modificare proprio il termine di durata massima delle indagini.

In particolare, dalla durata canonica di un anno, a cui si aggiungono eventuali proroghe in ipotesi specifiche, dovrebbero essere introdotti dei correttivi a seconda del reato.

Più nel dettaglio, la durata delle indagini è limitata:

  • per le contravvenzioni, a sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato;
  • per i delitti più gravi, per esempio narcotraffico e traffico di armi, a un anno e sei mesi dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato.

Riforma Cartabia, la delega per la digitalizzazione della giustizia

Il fine ultimo di velocizzare e semplificare il contenzioso emerge anche dagli interventi che lo schema di legge delega mette in campo in tema di digitalizzazione e processo penale telematico (art. 2).

A riguardo, la delega prevede l’introduzione di un piano triennale per la transizione digitale dell’amministrazione della giustizia e un Comitato tecnico-scientifico per la digitalizzazione del processo.

In particolare, la digitalizzazione deve perseguire i seguenti obiettivi:

  • garantire l’elaborazione e la conservazione di atti e documenti processuali in formato digitale;
  • garantire che il deposito di atti e documenti, nonché le comunicazioni e le notificazioni possa essere effettuato con modalità telematiche;
  • prevedere la possibilità della registrazione audiovisiva o dell’audioregistrazione per documentare l’interrogatorio o l’assunzione di informazioni o il rilascio della testimonianza.
  • individuare i casi in cui, con il consenso delle parti, la partecipazione all’atto del procedimento o all’udienza possa avvenire da remoto.

Gli altri interventi per la semplificazione dei procedimenti

Sono molti altri i punti del processo penale che vengono toccati dalla riforma che intende attuare il Governo Draghi a fini di alleggerimento del carico dei processi.

In un’ottica sempre di “obiettivi generali” che devono perseguire i decreti attuativi, nella sua ultima versione la legge delega prevede anche:

  • l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi quando “nell’atto manchi la puntuale ed esplicita enunciazione dei rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel provvedimento impugnato”;
  • una limitazione delle ipotesi in cui è possibile instaurare un processo in assenza dell’imputato;
  • la definizione di ulteriori meccanismi, rispetto a quelli già esistenti, che permettano all’indagato di venire a conoscenza degli atti relativi alle indagini (la cosiddetta “discovery” del fascicolo);
  • l’estensione dei procedimenti speciali alternativi quali patteggiamento o rito abbreviato;
  • la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni fase del procedimento, su base volontaria e con il consenso libero e informato della vittima e dell’autore, oltre che dell’assenso del giudice.

Si ricorda, infine, che il progetto così concepito è ancora agli inizi del suo percorso parlamentare e potrebbe subire molte modifiche prima di arrivare all’eventuale approvazione definitiva.

Avv. Angelo David D’Ambrogio

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