Viaggio lungo i paesi dell’antica via Latina da Roma a Capua

Un percorso di circa 200 chilometri lungo la via Latina, una delle più antiche vie romane che collegava Roma a Capua

Inizieremo un percorso a tappe lungo la via Latina, una delle più antiche vie romane che collegava Roma a Capua, con un itinerario di circa 200 chilometri, che ci porterà a “visitare” e conoscere i luoghi che, nello snodarsi lungo il suo tragitto, attraversava e, a volte, sorgevano grazie ad essa. Conosceremo meglio piccoli paesi del Lazio, della provincia di Roma e di Frosinone, della Campania insieme a centri più grandi che, ancora oggi, conservano reperti e vestigia dell’epoca; ne conosceremo la storia, i personaggi, le vicende che, a volte, si riflettono anche sulla loro storia attuale. Ne esploreremo segreti e particolarità consentendo, a chi lo volesse, di visitarli vedendo gli stessi centri sotto un’ottica diversa e certamente più completa.

Iniziamo, intanto, dalla via Latina e dal suo punto di partenza; è Strabone a indicarci il luogo da cui, la via Latina, iniziava a Roma e quale fosse il suo percorso, comprovato da scavi e scoperte archeologiche; essa iniziava dalla Porta Capena, assieme alla Via Appia, ma le due vie si separavano molto presto tanto che nelle Mura Aureliane ebbero ognuna una porta propria, Porta Latina e Porta Appia. 

La Porta Capena sorgeva in prossimità dell'attuale piazza di Porta Capena a Roma, più o meno nel punto dove si incontrano il colle Celio, il Palatino e l'Aventino; la sua posizione probabilmente era rinvenibile di fronte all’angolo tra viale Aventino e viale delle Terme di Caracalla, dal lato curvo del Circo Massimo. La sua storia è legata a momenti importanti della città di Roma per come riportano Dionigi di Alicarnasso e Livio; il primo ci tramanda che nel 489 a.C. dalla Porta furono fatti uscire i giovani Volsci, cacciati da Roma nel corso dei giochi, allo scopo di rinvigorire le ostilità contro Roma che avrebbero portato alla guerra tra Romani e Volsci. Questa era l’intenzione di Gneo Marcio Coriolano eroe romano, appunto, al tempo delle guerre contro i Volsci; Plutarco e Tito Livio ci raccontano che Gneo Marcio ottenne il cognome di Coriolano in seguito alla vittoria di Roma contro i Volsci abitanti la città di Corioli, identificata nei pressi dell’attuale Genzano, che Dionigi di Alicarnasso descrive come una vera e propria città-stato. Coriolano pur eroe delle guerre contro i Volsci, rappresentando i patrizi che tentavano di revocare la concessione ai plebei della magistratura del tribunato, nella lotta politica tra patrizi e plebei fu costretto all’esilio ad Anzio, già capitale dei Volsci, per come riportano Plutarco e Livio sia pur con divergenze in merito alle cause di tale condanna.

Livio ci riporta un altro importante avvenimento della storia di Roma e legato alla Porta ovvero la riunione del senato presso la stessa, dopo la sconfitta che Roma subì a Canne nel 216 a.C., per valutare la situazione, visto che la Porta Capena era una delle tre sedi di convegno dell'assemblea senatoria. Il terzo momento che vede la Porta al centro di un periodo importante di Roma avviene nell’aprile del 204 a.C., durante la seconda guerra punica, quando per scongiurare il pericolo di Annibale viene introdotto a Roma il culto della dea Cibele, che per i romani diventa la Magna Mater, e viene trasferita da Pessinunte, città dell’Anatolia attuale Turchia, a Roma la pietra nera di forma conica simbolo della dea con un corteo che passa attraverso la Porta e giunge nel Foro dove la pietra verrà collocata sull’Ara nella Curia.

Successivamente l'imperatore Caracalla nel ristrutturare e recuperare tutta l’area, ormai divenuta una zona degradata e priva della sua importanza storica oltre che del suo valore simbolico, distrusse Porta Capena inserita nelle Mura serviane, le prime mura di Roma risalenti al VI secolo a.C. che rappresentavano la prima difesa unitaria di Roma di circa 7 chilometri e fatte costruire da Tarquinio Prisco, secondo la tradizione tramandataci da Tito Livio, per essere poi, come ci racconta Eutropio, ampliate e dotate di un ampio fossato dal successore, Servio Tullio, dal quale presero il nome; l'accesso a Roma venne così trasferito attraverso la nuova Porta che si apriva nelle mura aureliane, Porta Latina; oggi, tra le porte originali dell'intera cerchia delle mura aureliane, è tra le più imponenti e meglio conservate avendo preservato l'aspetto originario.

Ritornando alla via Latina, a differenza della maggior parte delle strade romane, non porta il nome del costruttore, suggerendo così che si tratti di una delle strade più antiche; infatti tale percorso, pur se tracciato definitivamente tra il IV e il III secolo a.C., pare venisse già utilizzato in età preistorica e fu utilizzato dagli Etruschi per colonizzare la Campania tra il secolo VIII e VI a.C.

L'origine degli Etruschi è incerta e neanche la ricerca archeologica è riuscita a dipanare la nebbia di incertezze circa la loro provenienza; anche dal punto di vista filologico l’aiuto non è determinante, le notizie che ci provengono dalle fonti storiche sono infatti discordanti, basti pensare che sin dall'antichità erano diffuse molteplici teorie riguardo all’origine del popolo etrusco tanto che Erodoto, nel V secolo a.C., ne sosteneva la provenienza orientale, in specifico dall’Anatolia; Dionigi di Alicarnasso, vissuto nel I secolo a.C., ne sosteneva l'autoctonia mentre secondo un passo di Tito Livio la loro provenienza sarebbe dal nord. Nuovi studi dell'Università di Ferrara, dell'Università di Firenze e dell'Istituto di tecnologie biomediche del CNR di Milano, condotti grazie a tecnologie di sequenziamento del DNA di nuova generazione, darebbero ragione alla versione di Dionigi di Alicarnasso, gli Etruschi, a quanto pare, non avevano nulla a che fare con l'Anatolia o con altre popolazioni asiatiche. Le città etrusche erano organizzate come città-stato autonome e indipendenti l’una dall’altra, organizzate in una federazione come riporta Strabone, tuttavia c'erano anche punti in comune come lingua e religione ma fu proprio la loro mancanza di unità una delle concause della loro decadenza. Se, comunque, l'apogeo dell'espansione etrusca fu toccato a metà del VI secolo a.C. nel V sec. a.C., tuttavia, era già iniziato il declino del mondo etrusco così da permettere ai Sanniti di ottenere il controllo della zona in cui passava la via Latina impedendone, così, il transito. Quello dei Sanniti era un antico popolo italico stanziato nell'area centromeridionale della penisola che occupava in linea di massima il territorio di Abruzzo, Molise,  Campania oltre a alcune aree di Lazio, Puglia e Basilicata; in realtà più che un vero e proprio popolo, infatti, il termine indica l'insieme delle quattro tribù dei Carecini o Carricini, Pentri, Caudini ed Irpini strettamente legate fra loro oltre ai Frentani.

Un secolo più tardi i Romani, che percorrevano quel tracciato sin dai primissimi tempi per commerciare con i popoli che abitavano a Sud, riuscirono a sottomettere Volsci, Ernici ed Equi, a garantirsi l'alleanza con Capua nel 340 a.C., a sciogliere dapprima la Lega Latina nel 338 a.C. e poi quella Sannitica nel 286 a.C., divenendo in tal modo i padroni incontrastati non solo del Lazio meridionale ma, in linea di massima, anche delle regioni controllate dai Sanniti. La regione così conquistata venne chiamata "Latium Adiectum" cioè “aggiunto” al "Latium Vetus" cioè “vecchio”, che era la regione che si estendeva dalla valle del Tevere fino a Segni; è soprattutto grazie a quanto trasmessoci da Strabone e da Plinio il Vecchio con le loro rispettive opere, la “Geografia” e la “Naturalis Historia”, che abbiamo conferma delle vicende della zona. Roma mossa, appunto, dalle sue mire espansionistiche, pur durante le guerre sannitiche per la conquista della Campania e della Lucania, tra il 328 ed il 312 a.C. potenziò l'antica strada e la via Latina venne realizzata in ghiaia e terra battuta non essendo ancora diffusa la tecnica del basolato che, solo successivamente, venne utilizzato per il “manto stradale”.

A questa via, nel 312 a.C., se ne aggiunse una nuova, che attraversava la pianura pontina; la nuova strada prese il nome di via Appia dal costruttore, il censore Appio Claudio Cieco importante esponente della gens Claudia, mentre la vecchia strada che esisteva ancor prima della fondazione di Roma fu chiamata semplicemente via Latina perché attraversava il territorio abitato dai popoli latini.

Strabone descrive il percorso della via Latina e ci elenca le città che andremo a visitare e che essa attraversava o che sorsero lungo il suo tracciato oppure vicine e ad essa collegate da altre strade. Uscendo dalla città la via Latina attraversava la campagna romana verso Sud-Est e raggiungeva i Colli Albani, dopo essere salita per un po' attraverso il Monte Tusculano, tra la città di Tusculum ed il Monte Albano, scendeva verso la piccola città di Algidum, oggi presso Cava dell'Aglio, nei pressi del passo dell'Algido, che fu importante nella prima storia militare di Roma e, valicato il passo dell'Algido (560 metri s.l.m.), imboccava la valle del fiume Sacco, la valle tra i monti Lepini ed Ernici, dove oggi passano sia l'autostrada del Sole sia la ferrovia Roma-Napoli via Cassino.

La via Latina, inoltre, deve aver preceduto la Via Appia come itinerario verso la Campania, poiché la colonia latina di Cales fu fondata nel 334 a.C. e doveva essere accessibile da Roma attraverso una strada, mentre la Via Appia fu realizzata solo ventidue anni più tardi. La strada seguiva una linea molto più naturale di comunicazione, senza le difficoltà ingegneristiche che dovette affrontare la via Appia, e continuava seguendo la valle del fiume Trerus (Sacco), nello stesso percorso moderno della ferrovia che va a Napoli via Cassino rasentando in pianura le città collinari degli Ernici: da Anagnia, a Ferentinum, passando per Frusino, presso il fiume Cosa, Fabrateria Vetus. Sempre Strabone ci riporta che la via a Fregellae scavalcava il fiume Liris, attraversava quindi Aquinum, presso il fiume Melpis, e Casinum, ultima città dell'antico Latium, città che si trovavano in pianura.

Anagni, Frosinone, Cassino, così come altri centri, erano collegate alla via Latina attraverso diramazioni, alla stessa maniera di come avviene oggi con l'autostrada del Sole; quindi passava nel varco fra gli Appennini ed il gruppo vulcanico di Roccamonfina ma la strada originale, invece di attraversarlo, girava all'altezza di San Pietro, infine verso nord-est sopra le montagne verso Venafrum, mettendo così in comunicazione diretta con l'interno del Sannio e, tramite altre strade, con  Aesernia, Cubulteria,  Alifae e Telesia.

In seguito, tuttavia, ci fu con ogni probabilità la creazione di una variante, tra Rufrae, l'attuale Presenzano e l'attuale San Pietro Infine, che abbreviava il percorso e che seguiva l'attuale percorso dell'autostrada e della ferrovia Napoli-Roma. I due tracciati si ricongiungevano vicino all'attuale stazione ferroviaria di Caianello e la strada portava a Teanum Sidicinum (Teano),Cales e a Casilinum, la moderna Capua, dove, prima di attraversare il Volturno mediante il Ponte Appio, parzialmente sopravvissuto, si immetteva nella Via Appia. Dal punto terminale del percorso, Casilinum, nasce il nome medioevale della strada, Via Casilina.

Resti considerevoli della strada esistono nelle vicinanze di Roma, per le prime 40 miglia, fino a Compitum Anagninum, non è seguita da alcuna strada moderna, mentre in seguito il percorso è sostanzialmente lo stesso dell'autostrada. Alcuni tratti dell'antico tracciato sono ancora visibili nel parco degli acquedotti a Roma, all'altezza degli studi di Cinecittà e vicino all'Acquedotto Claudio.

Il tracciato della via subì, durante tutto il III sec. a.C., uno straordinario lavoro di rettificazione, lavoro reso ancor più complesso dalle notevoli asperità del terreno; basti pensare che il tratto da piazza Galeria fino a Grottaferrata è quasi un unico rettilineo di circa 15 km, comprendente persino un viadotto alto 7 metri dove la strada incontrava una piccola depressione del terreno, al cui fondo scorreva dell’acqua, in prossimità di via dei Cessati Spiriti. Gli ingegneri romani anticiparono di fatto il criterio delle moderne autostrade: arrivare il più rapidamente possibile alla meta finale (Capua), tralasciando le città che erano lungo il percorso; in tal modo l’intero percorso poteva essere effettuato da un viaggiatore comune, a piedi, in cinque giorni.

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