Il battesimo, manifestazione e conversione

Il racconto del battesimo consente di dare un volto all’ignota figura cui Giovanni aveva fatto riferimento, il quale avrebbe battezzato in Spirito Santo e fuoco

il capocordata

Il Capocordata

Il ruolo del Battista

Il racconto del battesimo di Gesù (Lc. 3, 15-16.21-22) è presente in tutti i “vangeli sinottici” (Mt. Mc. Lc.), ma ciascun evangelista presenta elementi peculiari della propria narrazione, spesso coerenti con le sue idee teologiche. Un primo tratto originale del racconto di Luca è che la predicazione di Giovanni il Battista ridesta nel popolo (v. 15) una forte attesa messianica, che induce alcuni a ipotizzare che quel predicatore penitenziale apparso nel deserto potesse essere il Messia promesso dalle Scritture.

In risposta a queste voci su di lui che circolavano tra la folla, Giovanni chiarisce subito la sua funzione all’interno del piano storico-salvifico di Dio: egli non è il redentore atteso per il tempo ultimo, ma è colui che, inviato da Dio, è venuto a prepararne le strade. Questa funzione preparatoria del Battista è svolta mediante il suo battesimo di penitenza, amministrato presso il fiume Giordano.

Le parole di Giovanni delineano un parallelismo antitetico tra il suo ministero, sintetizzato nell’espressione: “Io vi battezzo con acqua” (v. 16), e la missione del più forte che sarebbe venuto dopo di lui. Questa figura non è identificata, ma di essa Giovanni permette di desumerne la dignità straordinaria (v. 16). Il Battista si ritiene indegno di slegare il legaccio dei sandali, un servizio ritenuto talmente umiliante che non poteva essere richiesto a uno schiavo ebreo.

La grandezza di questa figura è evidenziata anche dalla descrizione della sua futura missione: egli avrebbe battezzato in Spirito Santo e fuoco. Alla luce del racconto della Pentecoste (At. 2, 1-4), nelle parole di Giovanni viene già anticipato il dono dello Spirito che Cristo risorto avrebbe fatto alla Chiesa nascente.

L’evento del Battesimo…

Il racconto del battesimo consente subito al lettore del vangelo di dare un volto all’ignota figura del più forte cui Giovanni aveva fatto riferimento. Un tratto caratteristico della narrazione lucana del battesimo di Gesù è il fatto che Gesù riceva il battesimo mentre si trova in preghiera. Fra gli evangelisti, Luca è quello che maggiormente insiste sulla preghiera di Gesù e sui suoi insegnamenti circa questa fondamentale dimensione della missione di Gesù.

Nei principali momenti della sua esistenza Gesù prega: e lo fa anche in questo momento del battesimo, che fa da spartiacque fra la vita nascosta a Nazaret e il suo ministero pubblico. Gesù non riceve il battesimo come un rito speciale riservato a lui solo. Piuttosto, egli è battezzato insieme a tutto il popolo, si mette in fila con i peccatori per accostarsi al battesimo di Giovanni.

Certamente, egli non avrebbe avuto alcun bisogno di conversione, che era il motivo per il quale il Battista amministrava il suo battesimo. Tuttavia, Gesù decide di accostarsi ugualmente a quel rito. Esso è il segno della sua condiscendenza, del suo desiderio di condividere in tutto quella natura umana abbracciata con l’incarnazione. In tal senso, il battesimo di Gesù costituisce un compimento e, allo stesso tempo, una conseguenza del mistero dell’incarnazione.

…e la sua sintesi teologica

L’evangelista Luca pone la sua maggiore attenzione alla “teofania” (Dio che si manifesta) che segue subito dopo. L’ apertura del cielo è un segno evidente della ripresa di una comunicazione tra Dio e l’umanità. I cieli aperti annunciano l’arrivo del tempo finale, in cui Dio avrebbe realizzato la sua salvezza. Secondo elemento della teofania è la discesa dello Spirito Santo su Gesù. In tal modo, Luca identifica il modo esplicito la figura che era stata preannunciata dal Battista e che avrebbe battezzato con lo Spirito.

Il dono dello Spirito abilita Gesù alla sua incipiente missione: Dio consacra in Spirito Santo e potenza il suo Figlio e quello Spirito lo avrebbe guidato nel suo intero ministero. L’ultimo elemento della teofania è la voce di Dio, che annuncia la relazione di paternità e figliolanza che intercorre con Gesù. Le parole: “Tu sei il Figlio mio” (v. 22) richiamano il salmo messianico 2,7; queste parole consentono all’evangelista di identificare espressamente Gesù come Messia, fin dall’inizio della sua missione. L’appellativo “amato” (v. 22) richiama il sacrificio di Isacco, il figlio amato di Abramo.

Dietro le parole del Padre nel momento del battesimo, perciò, vi può essere un’anticipazione velata della sorte ultima della missione di Gesù, culminante con il dono della sua vita. Questa interpretazione trova conferma nell’ultima espressione “in te ho posto il mio compiacimento” (v. 22), che richiama il testo di Is. 42,1 in cui si presenta la figura del Servo sofferente del Signore, che dà la sua vita per espiare le colpe dell’intero popolo. In definitiva, il battesimo al Giordano segna un punto di svolta nella vita di Gesù. In esso è possibile ritrovare una lettura sintetica della sua successiva missione, animata dallo Spirito Santo e culminante nel dono totale di sé stesso.

Il seguito della vita di Gesù non sarà altro che lo sviluppo di questa scena inaugurale. Gesù compirà delle azioni che appartengono a Dio e solo a lui, come perdonare i peccati e “compiere” e perfezionare la legge di Mosè. Parlerà di Dio come del Padre suo, che conosce intimamente. Si qualificherà come il Figlio di Dio. E lo Spirito l’accompagnerà lungo tutta la sua vita. Quello che Cristo è per natura, noi lo siamo diventati per grazia. Il mistero di Cristo, rivelato nel suo battesimo, è anche il nostro. Ed è anche quello della comunità di Dio, corpo di Cristo, tempio dello Spirito Santo.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Filannino, 2022; Laurita, 2022.

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