Don Alfonso, l’evoluzione della tradizione. Intervista a Ernesto Iaccarino

Oggi Ernesto, classe 1970, guida la cucina insieme al padre Alfonso mentre il fratello Mario si occupa della sala con la mamma Donna Livia

Ernesto Iaccarino, Don Alfonso 1890

Ernesto Iaccarino, Don Alfonso 1890

Ci siamo lasciati Napoli alle spalle ma prima di lasciare definitivamente questa terra meravigliosa facciamo un salto verso uno dei posti più belli e romantici d’Italia, la Penisola Sorrentina e più precisamente andiamo a Sant’Agata sui Due Golfi (Na) dove ci aspetta lo chef, figlio e nipote d’arte, Ernesto Iaccarino.

Ernesto Iaccarino

Don Alfonso a Sant’Agata sui 2 Golfi

La famiglia Iaccarino è una famiglia di albergatori prima e ristoratori poi da quattro generazioni; il ristorante Don Alfonso 1890 nasce in realtà nel 1973 per opera dei genitori di Ernesto, mentre nel 1890 nasceva l’albergo Pensione Iaccarino di Alfonso Costanzo Iaccarino, bisnonno di Ernesto. Il Don Alfonso è il primo ristorante del Sud Italia ad aver ottenuto 3 stelle Michelin, dal 1997 al 2001, e da allora sono sempre rimaste 2 stelle.

Oggi Ernesto, classe 1970, guida la cucina insieme al padre Alfonso mentre il fratello Mario si occupa della sala con la mamma Donna Livia. Ma prima di dedicarsi completamente alla passione di famiglia ha il tempo per laurearsi in Economia e Commercio alla Bocconi di Milano nel 1999.

Alfonso, Ernesto, Mario, Livia

Il Don Alfonso 1890 è in parte tornato alle origini con la creazione di una Boutique Hotel con camere di lusso per una vacanza gourmet all’insegna del buon cibo, della natura e della cultura. Inoltre a Punta Campanella, proprio davanti l’isola di Capri, sorge l’azienda agricola della famiglia Iaccarino dove viene prodotto olio extra vergine d’oliva e quasi tutti i prodotti usati al ristorante.

Una laurea da chef

Buongiorno chef, iniziamo con una curiosità. Come mai prima di dedicarsi al ristorante di famiglia ha voluto laurearsi?

Perché andavo bene a scuola e quando ho terminato le scuole Superiori mi sono trovato davanti ad un bivio, così ho chiesto ai miei genitori se avessero subito bisogno di me in azienda oppure no. E loro mi hanno consigliato di continuare a studiare. Allora non era come adesso, studiavo tutta la settimana poi sabato e domenica ero al ristorante. Se mai, un giorno, fosse andato male il ristorante avrei avuto sempre un piano B mentre oggi i ragazzi, purtroppo, non hanno neanche un piano A.

Poi però quando cresci in un’azienda come questa sei influenzato positivamente verso il cibo. Da quando nasci tutto quello che mangi ha un sapore riconoscibile e tendi ad essere influenzato da questo mondo del buono e del bello. E’ stato un processo naturale, appena finito l’Università sono entrato in cucina e non sono più uscito.

Oltre 130 anni di storia e più di 20 anni di stelle Michelin, qual è il segreto per rimanere a questi livelli per così tanti anni?

Grandi segreti non ci sono, devi avere sempre fame quando ti svegli la mattina. Fame di migliorarti, di metterti in discussione, di ascoltare, fame di fare questo mestiere e divertirti! Se ti diverti ed hai fame diventa tutto abbastanza semplice.

Stelle Michelin e tradizione da Don Alfonso

Cosa significa per voi tradizione ed innovazione?

E’ l’analisi della realtà. La tradizione è una fotografia, in un momento storico, di quello che è avvenuto in secoli di cultura gastronomica in una parte del mondo. La nostra tradizione consolidata è frutto di un’evoluzione. Ti faccio alcuni passaggi: nell’anno 1000 arrivano gli arabi in Sicilia, la conquistano e portano la cultura del riso che noi erroneamente consideriamo un prodotto del nord Italia, in realtà nasce a sud e nella piana di Sibari diventano grandi coltivatori di riso ed io proprio l’anno scorso ho usato questo riso nero di Sibari per sottolineare questa identità.

Più recentemente c’è stata la scoperta delle Americhe, da lì nel 1700 arriva in Italia il pomodoro, inizialmente usato come pianta ornamentale poi dal 1800 qualcuno inizia ad usarlo in cucina. Ancora, con l’arrivo dei Monsù nel Regno delle due Sicilie nel 1800 abbiamo rivisto il gateau di patate, il sartù di riso, il bignè, tutte ricette che oggi consideriamo classiche ma attenzione! Noi abbiamo tremila anni di storia in cucina. Gli struffoli vengono dai tempi della Magna Grecia e noi li portiamo fino ad oggi e sono ancora identitari.

Dobbiamo solo interpretare l’evoluzione del cibo che esiste da sempre. Io sono un ragazzo che nasce in Costiera Amalfitana, conosco la dieta mediterranea ed i suoi principi e quando giro il mondo ricevo contaminazioni con i principi della dieta mediterranea. Se un francese facesse lo stesso percorso farebbe piatti diversi perché non avrebbe la cultura della dieta mediterranea come me, e questo è l’aspetto più interessante. Si crea un unicum di cucina, perché segui un percorso personale, soggettivo ma frutto della terra in cui vivi e sei cresciuto.

Spaghetto al pomodoro

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Don Alfonso 1890, più di un ristorante stellato

Quanto è facile portare avanti un progetto gastronomico in un luogo come questo? Avete creato anche una vostra azienda agricola qui vicino!

E’ una terra baciata da Dio! Abbiamo 10 ettari di azienda agricola e biologica dal 1990. Oggi si parla di sostenibilità ma noi lo facciamo già da 45 anni. Noi siamo ciò che mangiamo, prima di tutto la materia prima, poi le mani dello chef, infine la tecnica. Le mani dello chef e la tecnica devono esaltare la materia prima, se la materia prima non c’è puoi inventarti quello che vuoi… Noi dobbiamo avere un’identità forte perché abbiamo delle materie prime straordinarie, se ti siedi in questo angolo di mondo devi valorizzare i prodotti al massimo anche nascondendo la tecnica.

Come definisce la sua cucina?

Noi partiamo da 3000 anni di storia e non li dobbiamo fermare. Identità ma con gli occhi aperti al mondo, ingredienti nuovi, una cucina che si deve evolvere con i viaggi, con le tecniche, con gli ingredienti. Una cucina che conosce un’identità forte legata a questo territorio ma che non si priva della libertà di usare anche ingredienti nuovi per paura di essere criticato. La cucina da sempre è evoluzione e contaminazione come tutte le forme d’arte. I tre principi sono: materie prime fondamentali, rispetto dell’identità, evoluzione e contaminazione.

Cappello del prete marinato con vellutata di zucca, salsa di nocciole e mostarda di arance

Ogni piatto è come un viaggio

Quali sono i prodotti che più la ispirano?

Dipende molto dal momento, dalla stagione. Ad esempio, lo scorso anno ero sulle montagne in Irpinia e mi hanno fatto assaggiare il cappello del prete, un taglio del manzo eccezionale per gli stracotti. Allora mi ricordai di aver mangiato uno stracotto in Cina che mi fece impazzire. Così chiesi ai miei ragazzi come lo avessero fatto e lo memorizzai. La settimana prima mia nonna aveva fatto una vellutata di zucca fantastica, solo con zucca patate e olio extravergine.

Quando il cervello si emoziona per un prodotto si aprono tutta una serie di cartelle come fosse un computer ed è nato il cappello del prete marinato con spezie orientali, con la vellutata di zucca della nonna, salsa di nocciole e una salsa di mostarda e wasabi. Un piatto che è un viaggio e rispecchia la mia cucina.

Il Don Alfonso è tornato ad essere anche Hotel, come mai questo ritorno alle origini?

Perché quando c’è stata la legge sugli alcolici che ne limitava l’uso abbiamo pensato di dare un servizio in più ai nostri ospiti ovvero abbiamo creato delle suite in modo da poter vivere appieno l’esperienza qui da noi. In più, visto che per noi la colazione è sacra, abbiamo voluto far vivere questa esperienza anche ai nostri ospiti ai quali serviamo tutti prodotti biologici come le uova, le farine per i lievitati, il latte…

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Consulenze nel mondo

All’attivo avete anche numerose consulenze in giro per il mondo ed il Don Alfonso in Canada è il miglior ristorante italiano nel Mondo! Avete in progetto altre aperture?

Siamo stati l’unico ristorante europeo di fascia alta ad aver aperto in tutti i Continenti. Da tre anni in Nuova Zelanda nell’Hotel Helena Bay, 800 ettari di terreno con 8 suite ed azienda dedicata ed i clienti dell’hotel sono gli unici che possono mangiare nel nostro ristorante. Lì abbiamo 70 dipendenti, un sogno! Poi abbiamo aperto a Macao 14 anni fa, in un progetto molto importante dove hanno scelto il francese Robuchon, 3 stelle Michelin e noi del Don Alfonso.

Poi Toronto, in Canada, dove siamo stati scelti tra 10 ristoranti top in Italia. Poi Saint Louis in Missouri da 1 anno al Ritz Carlton per un casual food. E poi siamo stati per 10 anni in Marocco alla Mamounia, per anni miglior Hotel nel mondo. Il ristorante di Toronto quest’anno è stato premiato come Miglior ristorante italiano nel mondo. Per il futuro non dico nulla per scaramanzia ma qualcosa sul tavolo c’è, sempre per l’estero. In Italia invece abbiamo aperto in Basilicata, a Lavello, un progetto bellissimo insieme a Franco Pepe, come pizzaiolo, e un brand di Milano per il sushi. Tre brand importanti in un’unica struttura.

Solo dopo aver studiato, approfondito e rispettato la tradizione, si ha il diritto di metterla da parte, sempre però con la consapevolezza che le siamo debitori…” cit. Eduardo De Filippo.